
Dopo “Warhol&Friends” a Bologna, anche a Roma non potevamo perderci la mostra dedicata a Andy Warhol, splendidamente curata da Arthemisia.
Questa volta l’esposizione è interamente dedicata al mito di Warhol, alla sua creatività partendo dalle origini e dai primi lavori realizzati con la serigrafia, passando per le serie e i ritratti, con cose e persone trasformate e trasfigurate sulla base di una visione del mondo inconfondibile.
Accanto a Mao e Marylin e altre celebrità troviamo i barattoli della zuppa Campbell’s insieme a sedie elettriche e lattine di Coca Cola, il Vesuvio, i cowboy e gli indiani, insomma tutte le passioni, ossessioni e ispirazioni di colui che ha saputo davvero rappresentare il consumismo, la fama e l’America del suo tempo.
La ripetizione non solo come mera omologazione, ma come chiave per rendere consumabili e al contempo iconici oggetti e soggetti, mescolando i confini tra copie e originali in un gioco di segni in cui sono spesso proprio le copie a imporsi, almeno agli occhi di chi osserva.
Warhol come maestro delle commistioni, della fusione tra le diverse arti, anche quelle “minori”, ci accompagna nel mondo magico della moda, mondo che diviene doppiamente magico grazie a una spruzzata di polvere di diamanti.
Nelle sale dell’Ala Brasini, grazie a un magnifico allestimento, le opere alle pareti dialogano le une con le altre ed è soprattutto nella sezione dedicata alla musica che i visitatori sono riportati negli anni Settanta e Ottanta, come se aprissero una scatola dei ricordi “sonora” oltre che visiva. Alcuni dei dischi che hanno segnato quell’epoca, penso soprattutto a The Velvet Underground & Nico, sarebbero stati capaci di mantenersi riconoscibili, di resistere al trascorrere del tempo senza le copertine create da Warhol?
Di questa mostra ho trovato particolarmente interessante il fatto che sappia restituire oltre all’essenza di Warhol, secondo le intenzioni dichiarate sin dall’inizio, il sapore di un’epoca, miscelando elementi di diversa natura, che arricchiscono le opere esposte, senza sacrificare o prescindere dal loro valore per inseguire un qualche approccio interpretativo.
Mi è piaciuto camminare negli spazi, perdermi nelle immagini, rivedere con occhi nuovi (necessariamente più maturi, non solo anagraficamente) quanto talvolta già visto altrove o in precedenza senza che venisse meno il fascino di una leggenda del XX secolo.

È sempre difficile scegliere l’opera preferita, quella che forse più di tutte le altre, a livello assolutamente personale, senza nessuna pretesa di obiettività, identifica una mostra.
Per me si tratta di un “ritratto”, stilizzato, dedicato alla danzatrice e coreografa statunitense Martha Graham che non avevo mai visto prima e che nelle sue linee, nei suoi vuoti consente di leggere i tratti distintivi di quel nuovo linguaggio artistico, di quell’innovazione che ha rivoluzionato il mondo del balletto, così come per molti versi ha fatto Warhol nel e con il suo universo.

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Dove: Roma, Complesso del Vittoriano – Ala Brasini
Quando: dal 3/10/2018 al 3/02/2019
Come: biglietto intero 13 euro (con audioguida)
http://www.arthemisia.it/it/warhol-roma/#