La bellezza crea ponti, avvicina culture diverse e rende tutti fratelli. (Barbara Jatta)
Nell’ambito dei prestiti di opere che vede protagonisti la Russia e il Vaticano arrivano a Roma 54 opere che offrono un’ampia panoramica sull’arte russa attraverso i secoli.
Non potevo certo mancare questo appuntamento che mi ha consentito, pur se per un breve momento, di ritrovare la magia delle sale della Galleria Tret’jakov a Mosca, uno dei luoghi dove parlare di Sindrome di Stendhal non è davvero un’esagerazione.

L’obiettivo dichiarato dei curatori – “presentare il messaggio culturale e spirituale dell’arte russa” – direi che è senz’altro riuscito, con lo sguardo che spazia dalle superbe icone della tradizione ortodossa all’arte figurativa dal XV al XIX.
Sulle pareti bianchissime di una struttura capace di esaltare architettonicamente ogni esposizione si svela l’anima russa, la più autentica dusha, in tutte le sue declinazioni, in tutta la sua gamma di colori.
L’allestimento, volutamente privo di qualsiasi iter cronologico o tematico e iconografico, procede per accostamenti, talvolta anche all’apparenza azzardati, per rimandi, per suggestioni lasciando i visitatori liberi di trovare la propria vita, ragionando su tematiche squisitamente russe ma altrettanto universali, in una sorta di pellegrinaggio. Una scelta sicuramente non scontata.
Purtroppo, però, spiace notare che l’illuminazione penalizza spesso la visione dei quadri, tanto da vicino che da lontano, costringendo a cercare una posizione che consenta di ammirare le opere senza fastidiosi riflessi.

Entrando negli spazi espositivi, dopo essersi fatti largo tra la folla in San Pietro, si percepisce subito un’atmosfera diversa, quasi sospesa, di riverenza.
Gli ampi spazi, il silenzio concorrono a creare l’impressione di trovarsi in un tempio dell’arte al cospetto di una spiritualità dai molteplici volti, di un “divino” multiforme a cui si contrappongono immagini di dolore e miseria umana, circondati da un’infinita bellezza.
Tra gli artisti che accompagnano in questo percorso troviamo alcuni dei grandi nomi dell’arte russa e credo sia difficile scegliere l’opera più rappresentativa. Personalmente, tuttavia, non ho dubbi. Pur amando Filonov e la Gončarova, Repin e Ge, e gli struggenti paesaggi di Levitan, il simbolo non può che essere il “Demone seduto” di Vrubel, una delle espressioni di quella che più di un critico ha definito una “sinfonia di un genio”. Un dipinto che, nonostante abbia perso la sua battaglia contro il trascorrere del tempo, con i colori ormai ossidati, ci racconta magistralmente dello spirito umano ribelle, di desideri inappagati, di slanci frustrati, di quella profonda tristezza che spesso permea i racconti russi.

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Dove: Roma, Braccio di Carlo Magno (Vaticano)
Quando: dal 20/11/2018 al 16/02/2019, lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 9,30 alle 17,30. Il mercoledì dalle 13,30 alle 17,30 e il sabato dalle 10 alle 17.
Come: ingresso gratuito
Per approfondire: http://www.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/pdf/eventi_novita/iniziative/mostre/2018/17_presentazione_jatta_it.pdf; http://m.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/pdf/eventi_novita/iniziative/mostre/2018/17_introduzione_tregulova_it.pdf