Mostra – Pollock e la Scuola di New York, Complesso del Vittoriano, Roma

La premessa è che avrei voluto più Pollock in mostra, anche se il percorso alla scoperta della Scuola di New York risulta senz’altro interessante.
L’espressionismo astratto, da leggere attraverso la lente di anticonformismo, introspezione psicologica e sperimentazione, cattura i visitatori nell’ennesimo allestimento ben riuscito a cura di Arthemisia.

La mostra è suddivisa in sei sezioni, la prima dedicata a Jackson Pollock, il cosiddetto “primo artista americano”, con una selezione di opere importanti, tra cui quel Number 27, 1950 scelto come immagine simbolo di questo appuntamento romano ed esposto per la prima volta nella capitale.
Al Vittoriano si ha la possibilità di immergersi autenticamente nel processo creativo di un artista di rottura – che ha sviluppato tecniche di pittura spontanea che consistono soprattutto nello sgocciolare (dripping) o versare (pouring) il colore sulla tela stesa sul pavimento dello studio – una sorta di danza che porta il pittore a entrare direttamente dentro nel quadro, da ogni prospettiva, da tutti i lati. Con lo sguardo rivolto verso il soffitto, attento a cogliere ogni goccia, ogni gesto, il pubblico è portato a vivere, quasi in diretta, l’action painting di Pollock.

Dalla seconda all’ultima sezione si sviluppa, partendo dai suoi esordi, la storia della Scuola di New York, che trova alcune delle sue radici profonde nella cultura europea, da Picasso a Mirò, fino alla poesia di Baudelaire.
In questa carrellata di artisti mi hanno colpito particolarmente le opere di Sam Francis dove i colori e le linee marcate si concentrano in porzioni ridotte della tela, lasciando ampi spazi liberi a trasformare il bianco del fondo in materia pittorica, e Blue Territory di Helen Frankenthaler dipinta anch’essa appoggiando la tela sul pavimento, alla maniera di Pollock che ben rappresenta il concetto di Color Field per l’utilizzo di strati sovrapposti delle stesse tonalità.

L’esposizione termina con la sezione dedicata a Mark Rothko, che visito abbastanza frettolosamente, senza particolare entusiasmo, poiché si tratta di un artista che non sono mai riuscita a capire sino in fondo, che non mi trasmette sensazioni o emozioni particolari.
Per me è come se il percorso positivo si fosse chiuso in calando anziché in crescendo.

Piè di pagina
Dove: Roma, Complesso del Vittoriano – Ala Brasini
Quando: dal 10/10/2018 al 24/02/2019
Come: biglietto intero 15 euro (con audioguida)
http://www.arthemisia.it/it/pollock-roma/

Didascalie opere:
Jackson Pollock (1912-1956) Number 17, 1950/ “Fireworks”, 1950 Oil, enamel, and aluminum paint on composition board, 56,8×56,5 cm Whitney Museum of American Art, New York; gift of Mildred S. Lee 99.59 © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York by SIAE 2018
Jackson Pollock (1912-1956) Untitled, c. 1933-1939 Wax crayon and graphite pencil on paper, Sheet: 38,1 × 25,4 cm Whitney Museum of American Art, New York; purchase, with funds from the Julia B. Engel Purchase Fund and the Drawing Committee 85.17 © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York by SIAE 2018
Helen Frankenthaler (1928-2011) Blue Territory 1955 Oil and enamel on canvas, 291,6×150,3 cm Whitney Museum of American Art, New York; purchase, with funds from the Friends of the Whitney Museum of American Art 57.8 © Helen Frankenthaler by SIAE 201

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