Raccontavo in un altro post dell’impazienza con cui aspetto la locandina di Wonderland Festival ogni autunno, ma certamente è la scoperta del programma a riservare sempre le maggiori sorprese.
Ormai è una sorta di rito, aprire il sito, leggere la sezione “Fil rouge” e poi, mano al calendario, scegliere gli spettacoli.
Resta però la curiosità di capire come nasce davvero un festival così articolato, capace di condensare in un paio di settimane spettacoli molto diversi eppure legati da un filo sottile, di raccogliere compagnie e attori delle più disparate provenienze superando anche eventuali barriere linguistiche. E questa volta ho sfruttato la disponibilità a sedersi per fare due chiacchiere di Emma Mainetti, Direzione organizzativa e di produzione che mi ha permesso, virtualmente, di accompagnarla dietro le quinte.
Il punto di partenza è il nome. Di chi è stata l’idea di legare il festival a “Wonderland” – tra parentesi un nome azzeccatissimo vista la sensazione di immergersi proprio in un paese delle meraviglie che personalmente mi spinge a tornare, stagione dopo stagione, ad aspettare che si alzi ancora una volta il sipario. E ovviamente questo non può che portare a chiedere come è nato il festival.
Il nome Wonderland Festival nasce nel 2012, ma il festival in sé, o almeno il suo primo antenato, era già nato nel 1998 e si chiamava Brescia tra Fiabe e Contaminazioni. Si trattava di un festival biennale, molto diverso da quello che vediamo ora, sicuramente più piccolo, come più piccoli eravamo anche noi. Io infatti non c’ero ancora…l’idea è stata di Davide D’Antonio e Giovanni Zani, fondatori e tuttora direttori di Residenza IDRA.
Brescia tra Fiabe e Contaminazioni lavorava sul tema delle fiabe per adulti, con gli anni poi il tema si è ampliato e il festival è diventato annuale, nel 2012, trasformandosi in Wonderland. Il legame con la fiaba si è attenuato ma ci piaceva mantenere un senso legato al “Paese delle Meraviglie” che è un po’ quello che ogni anno cerchiamo di creare.
Personalmente sono arrivata a far parte del festival nel 2013 e sono quindi testimone diretto solo delle edizioni dal 2013 in poi. In questi anni il festival è cambiato molto, è cresciuto e si è trasformato ulteriormente. Le edizioni 2012-2013-2014 erano ancora molto lunghe, si parlava di circa uno o due mesi di programmazione limitata ai fine settimana, una via di mezzo tra una piccola stagione e un festival insomma.
La svolta è avvenuta nel 2015, il festival è stato riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali, si è spostato da febbraio a novembre e ha preso la forma attuale: due settimane di programmazione intensissima, eventi collaterali, convegni, dopofestival…tutto quello che anche oggi ci caratterizza e che ogni anno si sviluppa sempre di più prendendo nuove forme.

La seconda domanda credo che sia stata posta innumerevoli volte, è un po’ una sorta di “è nato prima l’uovo o la gallina?” applicato ad ogni edizione del festival. Se pensiamo al programma e a quel fil rouge a cui accennavo prima, che costituisce una chiave di lettura, una bussola per orientarsi nel calendario delle rappresentazioni e degli eventi, è spontaneo riflettere su quale sia il fondamento. Qual è il punto di partenza su cui si costruisce la stagione, attorno a cui ruota tutto? In termini di processo creativo, viene insomma prima la selezione del tema – poi riassunto nel claim – o la considerazione degli spettacoli disponibili? O forse è sbagliato già pensare al concetto di “spettacoli disponibili”, perché talvolta nascono già in qualche misura per Wonderland?
Anche in questo caso la svolta è stata data dal passaggio ministeriale. Il Ministero richiede agli organizzatori di avere una visione triennale del festival. Così, il primo triennio, dal 2015 al 2017, la decisione è stata quella di lavorare ogni edizione su un tema diverso sul quale costruire un fil rouge attorno a cui far ruotare gli spettacoli.
In questo caso ciò che nasce prima è il tema, l’urgenza, l’argomento di cui sentiamo sia in quel momento necessario parlare. I tre temi scelti dalla direzione artistica in quegli anni, che venivano poi tradotti dai claim, erano temi caldi, che sentivamo che il pubblico, gli artisti, la società avevano urgenza di condividere.
Pertanto in qualche modo le due cose si contaminano, il tema detta la scelta degli spettacoli ma anche l’urgenza degli artisti che producono spettacoli su determinati temi fa comprendere che cosa sia importante mettere in luce in quel momento…”Imbraccia la tua arma” nel 2015, “Sedotti, traditi, felici” nel 2016, “Speak the truth!”nel 2017…erano tutti temi che sentivamo importanti e che, in alcuni casi, anche associati alle immagini, hanno suscitato qualche polemica. Per il secondo triennio invece, che è iniziato l’anno scorso e arriverà fino al 2020, la scelta della direzione artistica è stata quella di concentrarci su un genere: il teatro immersivo, che abbiamo iniziato a sondare nella scorsa edizione, con approccio più leggero e che era espresso ironicamente da quel “Non la solita minestra…” ad indicare un nuovo modo di fare teatro in cui lo spettatore è un ingrediente importante e che quest’anno esprimiamo con più forza con il nostro interrogativo “Chi è di scena?”. Per quanto riguarda la scelta degli spettacoli avvengono entrambe le cose che dici: sicuramente Davide D’Antonio guarda al panorama artistico con un occhio di riguardo a quelle compagnie e a quegli spettacoli che indagano nella direzione che interessa al festival ma è anche avvenuto che si “sfidassero” gli artisti a produrre lavori ad hoc, come nel caso dello spettacolo “5 minutes” andato in scena nel 2017 in cui abbiamo chiesto a diversi artisti di produrre 5 minuti di performance ispirandosi ai cinque minuti di tempo che vengono dati alla popolazione palestinese per salvarsi dai bombardamenti in arrivo, e abbiamo prodotto un evento unico per Wonderland.

Negli anni gli spettatori hanno assistito a una evidente evoluzione del festival, non solo specchio dei tempi ma di una autentica crescita, maturazione della rassegna che ha saputo uscire dai confini della città, tanto in termini artistici che di fama. Quanto è stato difficile raggiungere questo obiettivo e quanti sono stati gli eventuali cambi di rotta?
La parte difficile è stata farsi conoscere dal pubblico, riuscire a farlo arrivare da noi per la prima volta. La programmazione del festival è sempre stata ambiziosa, Idra ha da sempre un occhio attento al panorama artistico contemporaneo nazionale e internazionale e ha portato a Brescia proposte e artisti di grande livello che molte volte non erano mai stati qui. Ad esempio i Motus, che, pur essendo tra le compagnie di punta nel panorama nazionale, sono venuti a Brescia per la prima volta nel 2015, nel nostro piccolo spazio di Vicolo delle Vidazze.
La sfida di riuscire a far comprendere al pubblico che il teatro e l’arte performativa contemporanea sono accessibili a tutti e che da noi potevano sperimentarlo è stata la più difficile. Ma tutte le persone che sono venute negli anni sono poi tornate, e sono diventate i nostri migliori comunicatori. Il nostro pubblico è estremamente fidelizzato, quando viene al festival ci torna, difficilmente segue solo uno spettacolo. Il lavoro è stato soprattutto questo, credere in quello che portavamo avanti e non demordere. Siamo cresciuti molto anche grazie al pubblico che ci segue.

Quest’anno una produzione Residenza IDRA in collaborazione con Image Collective per la regia di Davide D’Antonio si intitola Andare verso, un percorso itinerante e un omaggio alla nostra città. Dove sta andando Wonderland Festival? Dove vi immaginate tra, diciamo, cinque anni? Personalmente spero, fedele al nome che ho scelto per il mio blog, anch’esso un inno al cammino, che il viaggio sia ancora molto lungo…
Sicuramente lo speriamo anche noi…il Festival è uno dei progetti più importanti che IDRA porta avanti.
Dove saremo tra cinque anni è difficile dirlo. Purtroppo anche noi, come tutti coloro che lavorano nella cultura ed in particolare nel teatro, viviamo di costante precarietà. Sogni e visioni si scontrano costantemente con il limite delle prospettive politiche ed economiche. In Italia la prospettiva più lunga in termini di programmazione è triennale, dopo di che tutto si sospende in attesa che venga definito il triennio successivo.
Io credo che Wonderland abbia dimostrato negli anni una crescita costante, sia in termini di programmazione che di pubblico e che questo gli garantisca un cammino futuro agli occhi delle istituzioni. Ma nessuno può dirlo con certezza. Quello che possiamo dire con certezza è che noi continueremo a lavorare per portarlo avanti e farlo crescere, come abbiamo fatto fino ad ora.
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Wonderland Festival
Dove: Brescia, sedi varie
Quando: dal 16/11 al 1/12 2019
Come: info e biglietti su http://www.wonderlandfestival.it/prenotazioni/