
La visita alla nuova rassegna al Ma.co.f. a Brescia ha rappresentato la prima reale uscita dopo la quarantena, quindi ha segnato una sorta di punto di svolta.
Devo però ammettere che non ero partita con un grande entusiasmo, forse perché la locandina non mi aveva catturato particolarmente, forse perché ero convinta che l’altra mostra in programma (di cui scriverò a breve) mi avrebbe affascinato maggiormente. A posteriori, posso dire di essere entrata nella vecchia sede del tribunale bresciano con un’idea e di esserne uscita con un’altra, opposta.
Tutto è iniziato da una melagrana – ci ha raccontato Eros Mauroner, prestatosi gentilmente a condurre i visitatori tra le diverse sale – e da quel particolare, contemporaneamente centrale e marginale di un dipinto, è nata l’ispirazione per un progetto articolato che “cerca di stabilire un nesso di continuità tra l’osservatore e l’opera d’arte, attraverso la dissacrazione e la provocazione”, da qui quel concetto di oltraggio, anche se credo si possa parlare altrettanto correttamente di o-m/ltr-aggio.
L’idea di fondo è quella di estrapolare un dettaglio, un singolo elemento (spesso neppure il principale) di un quadro ben noto e di rileggerlo attraverso la lente della macchina fotografica, mettendone in luce – o caricandolo – di una valenza simbolica, ponendolo all’interno di un intero sistema interpretativo, di una diversa “grammatica” visiva.

La mostra è costruita per accostamenti dittici, a cavallo tra parallelismo e contrapposizione, proponendo una lettura laterale, senza retorica, dell’opera d’arte, che parte dall’originale, evidenzia il particolare da interpretare e lo accosta, fisicamente, alla sua rielaborazione fotografica, in una sequenza in cui è forte un elemento di rottura, che spinge l’osservatore a interrogarsi, a reagire, ad abbandonare l’atteggiamento passivo del mero spettatore sotto i cui occhi scorrono i quadri di un’esposizione, o, come scrive il fotografo, “a scandagliare l’opera, senza trascurare gli elementi compositivi e le possibili variazioni che mentalmente possiamo produrre”.

I dettagli assumono dunque la funzione di caratterizzazione del significato, sembrano prendersi la rivincita dopo essere stati trascurati troppo a lungo, catturano lo sguardo e conquistano un ruolo da protagonisti, si svelano nella loro unicità, acquistando nuova definizione.


Anche se, per acquistare questa nuova definizione, per riappropriarsi della scena, devono sacrificare la propria integrità fisica, devono essere distrutti, come se questo fosse il primo passo inevitabile di un processo di rinascita dinnanzi al pubblico. La materia che cambia forma per consentire una nuova percezione.

In un’ottica in cui non vi è pretesa di riprodurre, ma semmai di richiamare, l’oltraggio diventa un espediente per cambiare prospettiva, sempre, comunque, alla ricerca della bellezza…
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Dove: Brescia, Ma.co.f – Centro della Fotografia Italiana, Via Moretto 78, Brescia
www.macof.it/piccoli-oltraggi-grandi-opere/
Quando: fino al 2 agosto 2020, venerdì, sabato e domenica dalle 15 alle 19
Come: ingresso libero
Molto interessanti le suggestioni e le intuizioni che ho trovato nel testo, i. dei complimenti all’autrice,
grazie
EM
La sua prossima personale in terra bresciana speriamo vorrà raccontarla anche su questa pagina, perché da sempre ci interessa lasciare la parola all’artista.
B.