Un’altra sera a teatro, ancora una volta in un luogo, l’ex Chiesa di Santa Chiara Vecchia, un tempo adibito a ben altra funzione, come testimonia l’affresco sul soffitto per una pièce dedicata al difficile mondo del lavoro, con i racconti dei diversi personaggi a cui danno voce i sei attori sul palco.
Lo spettacolo parte un po’ in tono dimesso, quasi a fatica, ma si riprende ben presto, con una narrazione che pur offrendo molti, moltissimi spunti di riflessione riesce anche a far sorridere, grazie alla bravura dei protagonisti, capaci di “darsi il la” e di sovrapporsi senza che uno prevarichi l’altro.
Qualcuno ha scritto che Sempre domenica è un lavoro sul lavoro e direi che in questa descrizione c’è tutto il senso dell’opera che riesce a trasformarsi in una sorta di specchio di una generazione.
Le vicende che si sviluppano sul palco ci parlano del lavoro che sovente manca e spinge altrove, magari solo per scoprire che quell’altrove non è meglio di ciò che si è lasciato alle spalle, del lavoro che troppo spesso non nobilita affatto l’uomo, ma lo imprigiona in una serie di azioni di cui si stenta a ritrovare il senso, come altrettanto poco senso hanno le domande che si ripetono nei colloqui di selezione del personale, del lavoro, anzi del travagliare, che toglie spazio a tutto il resto, alla vita, alla possibilità di continuare a seguire le proprie passioni.
Risuonano solo le voci dei vinti.
In un quadro così cupo si cerca un barlume di speranza, che sia nelle parole di chi ancora ama ciò che fa o di chi crede fortemente di potersi reinventare o di poter cambiare lo stato delle cose o che riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno, accontentandosi.
Ma, in fondo, anche queste sono voci dei vinti, perché i progetti di cambiamento restano appunto solo progetti, se non addirittura sogni irrealizzabili, e quello che poteva essere l’accontentarsi, nel senso più alto del termine, diventa invece un mero rassegnarsi.
Pian piano le storie individuali diventano Storie in una non-epopea, in uno spettacolo corale, in cui proprio la coralità, l’universalità di alcune situazioni, di alcuni sentimenti diventano protagoniste, e dove il testo predomina sul gesto, in una scenografia volutamente ridotta ai minimi termini, senza effetti speciali o inutili trivialità.
Forse è però questa assenza, che personalmente non ho potuto che apprezzare, ad avere spinto gli studenti di un qualche istituto superiore presenti in sala ad occuparsi più dei loro telefonini e meno, molto meno, della trama che si dipanava davanti ai loro occhi.
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Sempre domenica drammaturgia di Collettivo Controcanto
Dove: Teatro Mina Mezzadri Santa Chiara
Quando: 10 dicembre 2018
http://www.centroteatralebresciano.it/