Riflessioni – Il turismo responsabile: RAM Viaggi (parte II)

Per marcare un momento molto particolare, non un “libera tutti” ma un primo tentativo di ritornare a una vita sociale, di relazione, che per il collettivo indirezionenoncausale vuol dire anche, soprattutto, ricominciare a progettare viaggi futuri, riprendiamo il filo del discorso legato al turismo responsabile, con la seconda parte dell’intervista a Renzo Garrone di RAM Viaggi, in cui si parlava di progetti per il 2020, prima che la pandemia cambiasse il nostro orizzonte quotidiano e, probabilmente, di medio periodo.

Dopo aver scoperto chi è RAM Viaggi ci immergiamo nel cuore di questa riflessione sul turismo responsabile.

D. Il dibattito sul fenomeno del turismo globale, con i turisti accusati di essere più colonizzatori che viaggiatori, sulla prevalenza della condivisione delle immagini sui social rispetto al piacere della scoperta e della conoscenza, si ripropone (banalmente) ogni estate. Ma si tratta per lo più di articoli dai titoli urlati, zeppi di luoghi comuni. Manca una reale volontà di confrontarsi seriamente sul tema dell’iperturismo a livello mondiale, mentre tra il pubblico pare essersi persa l’idea, per dirla con Claudio Magris, che “viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra”(1).
Dal tuo punto di vista privilegiato di viaggiatore consapevole ritieni che l’overtourism sia un problema reale, soprattutto nei paesi del cosiddetto sud del mondo, e pensi che in qualche misura il turismo responsabile possa essere contemporaneamente utile a lottare contro questa minaccia e cancellare vecchi (e nuovi) stereotipi?

R. Mi piace intanto l’espressione iperturismo, secondo me assai più azzeccata che overtourism. Quel che dite è tutto vero. Ed il fenomeno rappresenta un problema anche nel sud del mondo. Alcuni luoghi sono stati talmente inflazionati in questi ultimi anni, tanto che registrano gli stessi identici problemi: sovraffollamento, traffico, aumento prezzi del posto, espulsione dei residenti, banalizzazione culturale, e la triste, spintissima, mercificazione dell’offerta. Ovviamente se più persone, più operatori, più gruppi bene assortiti, più viaggiatori indipendenti, praticassero davvero del buon turismo responsabile, questo sarebbe uno strumento efficace per il cambiamento. Il punto è però che si parla di turismo responsabile, a volte fino alla nausea, ma non lo si pratica realmente – e in questa critica metto un po’ tutti, qualche volta anche noi stessi, anche me stesso. C’è modo e modo di fare le cose, perché le differenze esistono e se messe in atto generano ulteriori differenze, nel bene e nel male.
Da una parte si è verificata – senza quasi ce ne accorgessimo – una sorta di mutazione antropologica (il copyright di questa definizione non è mio, ma di Paolo Grigolli, direttore TSM, Trento), e il turismo in eccesso (agito da persone non consapevoli del fenomeno di cui sono parte, e che contribuiscono a creare) ne è lo specchio. Oggi pare che tutti possano fare tutto, viaggiare di punto in bianco a 10.000 km di distanza senza alcuna preparazione pregressa. Non ci sono limiti se non le paure, largamente indotte dalla propaganda, per le quali ad esempio l’Iran significa oscurantismo e magari belle moschee, ma nient’altro; la paura della guerra, e allora non ci si va. Ma poi c’è la banalità della mercificazione totale in agguato, c’è l’universo articolato dei luoghi comuni, per i quali Bali è giusto spiagge e divertimentifici, e da lì non si esce. Rari coloro che approfondiscono per conseguire un’immagine più articolata dei luoghi (questo introdurrebbe il tema del tornare nei luoghi, ma sarebbe un altro capitolo, che per me è azione comunque necessaria per capire meglio). Ci si domanda, a vote increduli: ma è possibile che poi in viaggio ai più basti la conferma di questi stereotipi? Eppure per la maggior parte dei turisti, oggi, schiavi di un tempo libero assai limitato, sembra vada bene così.
Per me quale essere umano è quasi umiliante – cerco di fregarmene ma mi fa spesso anche rabbia – notare il trionfo “della prevalenza della condivisione delle immagini sui social rispetto al piacere della scoperta e della conoscenza”. Quello che trionfa è la superficialità, che sarebbe un ingrediente da bandire, tipo lo zucchero bianco. Ma che spunta inevitabile se, nel viaggio, non c’è tempo abbastanza e se non c’è la motivazione né l’abitudine ad approfondire. Questi due, se praticati sul serio, sono due degli ingredienti-chiave del Turismo Responsabile. I più eretici, quelli intorno a cui è nata però – a partire dagli anni ’90 – la nostra (fragilissima, misconosciuta, ma viva) “scuola italiana”.
Moltissimi utenti non hanno questa spinta, quindi c’è un problema di psicologia, a monte. A valle invece è una questione di tecnica turistica, se posso permettermi, che è però anche scelta politica, che deriva dalle pastoie commerciali dell’offerta locale e degli operatori professionali. Per esempio in un bel luogo archeologico, mettiamo il comprensorio di Angkor in Cambogia, o Pagan in Birmania, si può sempre aggiungere una giornata per vedere anche luoghi meno celebri nella stessa zona, sennò davvero, come dicevi tu all’inizio, si è venuti solo per piantare delle bandierine? (che per il turista significa, smarco, fatto anche questo). È necessario che la gente acquisisca maggiore consapevolezza: anche in una Venezia o in una Firenze, se ti allontani di 500 metri dai luoghi dell’iperturismo, la maggior parte dei posti tornano ad essere vivibili più normalmente. Che significa visitabili semplicemente. Ecco, per fare del buon turismo, e incidentalmente anche per decongestionare, si può partire dalla propria iniziativa, voglia, curiosità – staccandosi dal gregge. Spesso la qualità dipende da cosa fai e dal come lo fai, non dal dove vai in senso stretto. In una certa località puoi vedere un grande tempio famoso, pieno di gente, e magari affollato spesso di troppi turisti – perché oggi va così – ma successivamente puoi allontanarti, incontrare qualcuno del posto, certo può funzionare bene se si tratta di qualcosa di organizzato prima. Puoi anche chiedere alla tua guida, per esempio, di uscire dagli schemi. Gli interlocutori potrebbero poi essere amici ma anche, per esempio, di organismo di sviluppo sociale. Si può andare a casa delle persone, dove si capisca meglio come si vive, si può mangiare con loro, la condivisione è un ottimo sistema per colmare il gap tra culture…
Può cambiare insomma la prospettiva, lo stesso luogo può essere declinato in molti modi. Alcune di queste modalità meno convenzionali di viaggio restituiscono profondità, e quel che accade te lo ricorderai per sempre. Di altre visite, specie quelle prive di incontri significativi, probabilmente resterà molto meno. Un’immagine più superficiale.
Questo non significa che l’incontro vada considerato come obbligatorio per legge, non siamo talebani. Certa arte e certa natura possono essere fruite, e magari anche meglio, senza l’interferenza di altri esseri umani. Ma in generale, credo che l’incontro sia un ingrediente-chiave del turismo responsabile.

D. Torniamo a parlare specificamente di viaggi. Per noi, che ben conosciamo il catalogo delle proposte di RAM Viaggi sarebbe difficilissimo rispondere a questa domanda, ma magari per te è più semplice… qual è il viaggio che più vi rappresenta e perché? E quello a cui sei più legato sentimentalmente e quello che invece non riesci (quasi) mai a far partire?
R. Difficilissimo anche per me. Questi viaggi sono almeno dieci! Dico India del sud, per il livello di contatto umano che si rende possibile attraverso una permanenza di diversi giorni consecutivi in homestay, con alloggio e ristorazione in famiglia. Ma dico anche Nepal, Valle di Kathmandu, per la incredibile quantità di relazioni amicali che RAM ha sviluppato sul territorio, tra l’altro in un un’area circoscritta, che consentono davvero di fare un viaggio diverso da qualsiasi altro. E dico necessariamente Iran, un paese dove il nostro turismo ha un significato profondo, dove la gente ti cerca per dimostrare che esiste, che non sono terroristi. Un paese poi, al di là di questo, davvero bellissimo. Ma dovrei dire anche Indonesia, perché si tratta un luogo dove la dolcezza delle persone mi ha sempre incantato. E con queste quattro citazioni faccio un torto alla bontà di altre destinazioni.

D. Progetti futuri. Il viaggio che ancora non sei riuscito a organizzare, ma che speri di riuscire a proporre prossimamente (se vuoi abbiamo qualche suggerimento) e la meta che da viaggiatore vorresti tanto riuscire ad esplorare.
R. Prossimamente RAM apre il Giappone, a primavera 2020. Vado in Giappone a costruire il viaggio tra novembre e dicembre del 2019, in pratica sto partendo! Vorrei aggiungere poi tanti altri viaggi con molto tempo in natura, con trekking che siano belli ma anche facili, non estremi (anche perché non me lo posso più permettere, non solo perché non lo vogliono i nostri clienti).
Mi piacerebbe ripartire e ampliare la nostra offerta in Turchia, attualmente sospesa del tutto, ma con questo regime davvero non ce la sentiamo. Ma passerà anche Erdogan…
Mi piacerebbe inoltre aggiungere parecchio Medio Oriente, ma c’è sempre qualche guerra e si tratta quindi, per noi piccolissimi, di investimenti rischiosi.
Aggiungeremo di sicuro nuove mete in Indonesia. Le isole sono 17.000…
E aggiungeremo viaggi con gli esperti, che alzino il livello culturale del singolo viaggio: costeranno di più ma ne varrà la pena.

Per ora ci fermiamo qui, ma torneremo presto a parlare di turismo responsabile, di nuovi paradigmi per viaggiare e di iperturismo. Nel frattempo non smetteremo di esplorare.

(1) Claudio Magris, L’infinito viaggiare

Piè di pagina
Fotografie di Renzo Garrone
Per approfondire: per Kindle in lingua inglese Overtourism: Tourism Management and Solutions*; per Kindle in lingua inglese Overtourism: Excesses, Discontents and Measures in Travel and Tourism*; https://officinadeisaperi.it/tag/iperturismo e tutti i libri di Renzo Garrone acquistabili su https://renzogarrone.com/index.php/libri

Riflessioni – Il turismo responsabile: RAM Viaggi (parte I)

Porta itineris dicitur longissima esse

Dieci anni fa abbiamo scelto consapevolmente un modo diverso di scoprire il mondo, di viaggiare, che ci permettesse di vivere i luoghi, le diverse realtà in maniera meno frettolosa, meno superficiale, senza sentirci come se stessimo soltanto piantando una bandierina sul planisfero.
Dieci anni fa abbiamo deciso di superare un po’ di timore e molti preconcetti e di provare un’esperienza di quel turismo responsabile di cui tanto avevamo letto.
Oggi non credo che potremmo “tornare indietro” al tradizionale concetto di viaggio organizzato, ancorché di scoperta, rinunciando a quegli elementi che sono diventati una componente intrinseca del nostro modo di trascorrere le vacanze, ad approfondire il rapporto con i territori e le persone che li abitano, senza dimenticare che ogni nostro singolo gesto, come turisti, oltre che come ospiti della Terra, si inserisce sempre in un quadro molto più ampio, senza mai poter essere completamente neutro, privo di conseguenze.
Ma cosa è il turismo responsabile, quali sono le sue caratteristiche imprescindibili? Il collettivo indirezionenoncasuale ha chiesto una definizione a Renzo Garrone, direttore di RAM Viaggi, uno dei primi operatori in Italia a scegliere i viaggi responsabili come propria cifra sia stilistica che di contenuto, fondatore di AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile, e autore di reportage di viaggi vicini e lontani, ma soprattutto su ambienti, culture e persone diverse.

D. Renzo, innanzitutto ci riassumi la storia di RAM Viaggi che è legata a doppio filo proprio all’idea di turismo responsabile prima di proporci la tua definizione?
R. Innanzitutto RAM Viaggi fa parte di RAM, un gruppo di persone che si occupa da oltre 30 anni di commercio equo, di turismo responsabile, di cultura (editoria, eventi pubblici) e formazione. Siamo focalizzati, e nei decenni ci siamo specializzati, su tematiche asiatiche.
L’attività dei viaggi è cominciata nel 1991, sotto l’ombrello di Associazione RAM, a beneficio dei soci.
Successivamente, per un inquadramento adeguato sia sul piano giuridico che fiscale, fu necessario scorporare i viaggi dal resto dell’attività. Siamo diventati un Tour Operator dal luglio 2005. RAM Viaggi è una SRL, mentre l’importazione + rivendita di prodotti provenienti da piccole aziende asiatiche, oltre all’editoria specifica e ai frequenti eventi culturali, resta sotto l’ombrello di Associazione RAM. Il gruppo d’altra parte esiste fin dal 1988 e fu la primissima realtà in Italia ad organizzare viaggi di questo genere. Nel 1991, né il fenomeno né il movimento del “turismo responsabile” esistevano ancora, noi però parlavamo già di turismo d’incontro. Proponemmo Nepal e India centrale, quell’estate.
Da allora siamo cresciuti, abbiamo fatto i nostri investimenti, camminato insieme a molti altri compagni di strada. Siamo tra i fondatori di AITR, l’Associazione Italiana Turismo Responsabile, di cui fummo tra i principali ispiratori attraverso gli anni Novanta.
Sul piano dell’organizzazione dei viaggi, c’è stata una messa a fuoco dell’operatività, uno specializzarsi graduale. La nostra scelta, fin dall’inizio, è stata limitarsi alle destinazioni asiatiche: la regione indiana, quella tibetana ed il sudestasiatico rappresentano il cuore dell’attività; successivamente abbiamo introdotto il Medio Oriente. Avevamo anche viaggi in Siria prima della guerra, e in Turchia prima di Erdogan. Operiamo in Iran dal 2014 e in Oman dal 2017. Stiamo introducendo il Giappone. Poi c’è Cuba, dove mandiamo turisti da sempre (la cosa è legata a un antico socio RAM della prima ora, titolare della destinazione). Mentre in Africa ci limitiamo all’eccezione Capo Verde, dall’estate 2012. In Italia ci concentriamo su soggiorni ed escursioni “d’autore” soprattutto in Liguria, il nostro territorio. Il motivo è specifico: siamo una piccola realtà che cerca di offrire ai clienti prestazioni di alta qualità, quantomeno sul piano della conoscenza dei luoghi che si visitano, sia sotto il profilo logistico che sul piano culturale. In più, rispetto a tutti gli altri operatori, anche sotto il profilo del contatto umano nelle varie destinazioni (ma anche dentro i gruppi che si creano). In sostanza, cerchiamo di fare in modo che tutti i viaggi siano legati a qualche storia specifica, significativa: quella dei nostri partners, quelle di orientamento sociale che caratterizzano tutti i nostri tours.
Mi chiedi una definizione di Turismo Responsabile: è difficile riassumere in poche righe un concetto molto complesso. AITR a Cervia, nell’ottobre 2005, varò la propria, che votammo anche noi pur trovandola non esaustiva. Essa recita: Il turismo responsabile è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio. Opera favorendo la positiva interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori.
Quel che devo aggiungere, dopo anni di pratica, è che non è possibile parlare di forme di turismo veramente responsabile, che siano realtà e non vuoti pronunciamenti o velleitarie asserzioni, se non sono coinvolti con sincera dedizione un po’ tutti gli attori, i protagonisti degli eventi che vanno in scena in viaggio, cioè sia gli ospiti che gli ospitanti; affinché ciò accada l’incontro è l’unico strumento valido, quello che può rendere l’occasione memorabile, che può far divertire, scaldare i cuori da ambo le parti. Ma più in generale, uscendo dalla singola esperienza, sul piano sociologico e politico, coinvolti nella stessa logica devono essere gli amministratori del territorio, i residenti o almeno una quota significativa tra costoro. Per brevità mi limito a fare un esempio: uno dei principi del TR è il rispetto dell’ambiente. Ma laddove localmente non esistono raccolta differenziata, cestini dei rifiuti, per non parlare di politiche effettive di risparmio energetico a tutti i livelli, come possono il singolo turista, e a maggior ragione i gruppi, comportarsi responsabilmente?
Per tornare al nostro modo di lavorare, per i viaggi di gruppo utilizziamo una squadra di accompagnatori, una decina, molti dei quali collaborano con noi da anni, che RAM forma appositamente quali mediatori culturali, secondo il nostro specifico stile. I nostri sono, sempre, viaggi in mezzo alla gente. L’accompagnatore italiano, solitamente insieme alla presenza di guide locali selezionate in anni di lavoro, costituisce il trait d’union fondamentale dell’esercizio.
Rispetto agli inizi, abbiamo diversificato l’offerta: oltre ai classici viaggi di gruppo con accompagnatore italiano, che restano centrati sull’incontro (il nostro marchio di fabbrica) oggi offriamo viaggi con la formula “in autonomia”, ossia su misura: uno sceglie date e destinazione, noi tracciamo un itinerario personalizzato, prenotiamo i voli e le sistemazioni, e rendiamo possibili le visite ad alcuni progetti di orientamento sociale. Il tutto mettendo a disposizione alcuni nostri referenti locali – per il tempo che si desidera. Si tratta di una scelta adeguata per chi se la senta di viaggiare per conto proprio, dato in questa formula non c’è mediatore culturale italiano ma solo le guide del posto: è fondamentale che almeno uno dei viaggiatori conosca la lingua straniera di riferimento in modo accettabile, poiché i referenti locali parlano solo inglese (o spagnolo nel caso di Cuba). Per i viaggi in autonomia inoltre, diventa fondamentale la riunione preparatoria, perché in essa – che si fa peraltro anche prima di tutti i viaggi di gruppo – vengono spiegate nel dettaglio le situazioni che abbiamo anzitempo prenotato. Possiamo farlo per via della passione che ha generato una competenza adeguata in determinati territori, siamo degli artigiani della logistica. Ancoriamo inoltre l’esperienza all’incontro con persone del luogo che ci danno garanzie sullo “spirito” giusto. In definitiva vendiamo solo ciò che conosciamo, cioè un numero limitato di destinazioni. Ma mi sembra chiaro che non potremmo operare in questo modo se volessimo, come fan tutti, coprire l’intero globo terracqueo. Accanto ai viaggi, a RAM si lavora in termini di cultura. L’organizzazione dei viaggi è divisa da un’attività che spesso i viaggi li critica, li discute, li esamina. L’editoria ne è stato per anni il risultato essenziale. Il volume Turismo Responsabile (ultima edizione 2007) ha portato in Italia questa riflessione, dando il la al movimento successivamente federatosi in AITR. RAM ha prodotto/produce anche una collana di libri fotografici, a metà tra il reportage e l’indagine (Lavoro e Diritti/Local Arts) in cui si esaminano le economie di base di vari paesi asiatici. È online dall’aprile 2018 il blog renzogarrone.com.

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Per approfondire: Il viaggio e l’incontro. Che cos’è il turismo responsabile* ed. Altraeconomia; Cultura della responsabilità e sviluppo locale. La società globale e le comunità responsabili del turismo e del cibo*, ed. FrancoAngeli; Il turismo sostenibile*, ed Giappichelli e tutti i libri di Renzo Garrone acquistabili su https://renzogarrone.com/index.php/libri