Una sera a teatro: The Black’s Tales Tour

Arrivederci all’anno prossimo!

Con The Black’s Tales Tour di Licia Lanera si chiude per me il Festival Wonderland 2018.
L’idea di riproporre, di raccontare alcune delle fiabe più note senza le componenti zuccherose e consolatorie è stata già esplorata in passato, ma in questo caso l’obiettivo era puntato su una sorta di immersione dei personaggi femminili nella vita reale, con le loro ossessioni e le loro paure, fino a che i confini tra fiaba e realtà perdessero di definizione, scomparendo tra insonnia e incubi notturni.
Queste le premesse e le promesse – onestamente secondo me non interamente mantenute – dello spettacolo andato in scena sabato scorso.

L’inizio è potente, con un’apparizione a cavallo tra lo ieratico e l’alieno, grazie a un ottimo uso delle luci, che proseguirà per l’intera rappresentazione. Non altrettanto ottimo, purtroppo, il sonoro, che a tratti copre la recitazione, facendole perdere di incisività, così come mi è parsa poco felice la scelta del costume che, accompagnato a talune pose, rischia di far scadere in una inutile volgarità, tratto saliente di quella Lady Gaga a cui alcuni commenti hanno accostato la protagonista, di cui ho invece sinceramente ammirato la capacità di occupare la scena, tanto fisicamente che emotivamente per tutta la durata dello spettacolo.

Ci sono momenti assolutamente divertenti e non ho potuto non lanciare uno sguardo a M. che alzava gli occhi al cielo alla domanda su “cosa fare con 78 paia di scarpe”, ma il ritmo nel complesso è un po’ altalenante e gli avrebbe forse giovato qualche taglio per evitare una certa ripetitività.
Fortunatamente, tra gli alti e bassi, la chiusura dello spettacolo è inaspettata, originale, sospesa tra sogno e realtà, tra conscio e inconscio, su una nota alta che invita alla riflessione e riporta alla fascinazione iniziale di questo autentico one woman show energetico e frizzante.


@xxx courtesy of Festival Wonderland / Residenza IDRA

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The Black’s Tales Tour di e con Licia Lanera
Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2018
Quando: 1 dicembre 2018
http://www.wonderlandfestival.it/

Una sera a teatro: me.me.do. Meccanica del melodramma dozzinale

Penso di aver capito. Un uomo che dice a se stesso cose sensate non è più pazzo di un uomo che dice ad altri cose insensate (Rosencrantz e Guildenstern sono morti)

Amleto è probabilmente l’opera shakesperiana che ho visto più spesso a teatro, dalle rappresentazioni classiche alle ardite riletture, non sempre apprezzabili, da parte di compagnie teatrali più o meno note, mentre Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard rientra in quel ristretto elenco di opere che mi spingono a comprare il biglietto dello spettacolo quasi a prescindere da ogni altra considerazione.
me.me.do – la meccanica del melodramma tradizionale era quindi un appuntamento che aspettavo con un misto di curiosità, con grandi aspettative e, onestamente, con un fondo di timore, perché più alte sono le aspettative, più cocente è la delusione se vengono disattese.

Ottimi ingredienti e cottura perfetta per questa “insolita minestra”.

Il Festival Wonderland 2018 si conferma un calderone di progetti interessanti.
Il libero studio dall’opera di Stoppard proposto dal Collettivo Andrico/Apostoli/Palazzo/Strada/Turra, gruppo di artisti bresciani riunitosi per la prima volta in occasione del Festival Wonderland 2018 è uno spettacolo pienamente riuscito, divertente senza mai essere sguaiato. Uno “Stoppard che non è Stoppard”, ma in cui si respira sotto sotto quella stessa aria di straniamento che accompagna nell’originale le vicende dei due gentiluomini, che furono relegati dal Bardo a un ruolo di mere comparse e poi promossi, finalmente, protagonisti restando tuttavia alla mercé del caso e all’oscuro dei disegni altrui.
Sono passati molti anni dalla sua data di pubblicazione, ma il testo, nella rilettura del collettivo, mantiene tutta la sua freschezza, la capacità di sorprendere e far riflettere su una condizione umana eterna e immutabile con una buona dose di levità. E proprio questa levità è accentuata dal collettivo, con i toni e i cambi repentini di registro e, soprattutto, con il sapiente ricorso al cambio degli occhiali per dar vita agli altri personaggi da parte di Antonio Palazzo, proponendo una chiave di lettura interessante. Uno studio quello che si sviluppa sotto gli occhi degli spettatori che diventa a tratti pop, in cui è la lingua stessa a essere svecchiata oltre ai costumi, ancora una volta con mano leggera.
I tempi comici, la capacità di leggere la posizione degli altri attori nello spazio e di sostenere un ritmo collettivo più che individuale – fino al finale in puro stile british – rispecchiano il grande lavoro di preparazione, del dietro le quinte che ha preceduto questa prima (replica) nazionale.
I calorosi applausi del pubblico sono quindi ampiamente meritati, per la messa in scena e, direi, anche per il coraggio di avere osato una rilettura che non cade in quei meccanismi per strappare una risata ormai abusati, dal sapore stantio che sembrano spesso connotare le “opere ispirate a”. Si esce dalla sala con il sorriso e certo con la voglia di vedere dove ci porterà ancora il collettivo.


@xxx courtesy of Festival Wonderland / Residenza IDRA

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me.me.do. Meccanica del melodramma dozzinale. Libero studio da Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard
Collettivo Andrico/Apostoli/Palazzo/Strada/Turra
in collaborazione con Residenza IDRA (Brescia)
Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2018
Quando: 30 novembre 2018
http://www.wonderlandfestival.it/

Una sera a teatro: Dove tutto è stato preso

Ogni anno aspetto con curiosità di vedere le proposte del Festival Wonderland, una rassegna che per due fine settimana consecutivi trasforma Brescia in una delle capitali del teatro contemporaneo. Dalla scoperta del cartellone – come sempre complimenti a chi lo ha ideato, perché anche per questa edizione ha fatto assolutamente centro – alla scelta degli spettacoli, l’intero processo è ormai diventato quasi un rito autunnale.

Vi è mai capitato di pensare che uno spettacolo sia fatto proprio per voi, che racconti non una storia, in cui in qualche misura potete riconoscervi, ma proprio una parte della vostra storia? Beh, a M. e a me è successo con Dove tutto è stato preso, progetto vincitore del Bando Progetto CURA 2017.
Il casale di cui discutono i protagonisti senza nome, quasi a volerli rendere universali, davanti a una delle tante cene improvvisate di chi ha sempre meno tempo a disposizione per tutto ciò che non è lavoro, lo avevamo trovato davvero, lo abbiamo persino vissuto per un breve periodo, prima che decisioni altrui ci obbligassero a lasciarlo. E con il casale avevamo ritrovato la voglia di fare, anzi di essere comunità, un po’ a modo nostro certo, ma con tanti sogni, con tutti quei conti “al metro quadro”, la ricerca dei possibili compagni d’avventura e con tanti semi raccolti e conservati, per piantarli in quello che sarebbe stato il nostro orto futuro.
E sì, è vero che i nostri sogni avevano i tarli, e proprio come la casa abitata da Bartolini e Baronio anche il nostro casale aveva i tarli, tanti, famelici, costantemente all’opera.
Insomma, sulla scena ho rivisto una piccola porzione del mio vissuto, ma con occhi nuovi, seguendo i fili, anche luminosi e sonori, ben tessuti dai due attori che riescono a mantenersi in equilibrio tra il troppo e il troppo poco, l’urlato e il sussurrato, il non detto e quell’approccio eccessivamente didascalico, dove tutto deve essere spiegato, dove pare necessario prendere il pubblico per mano e condurlo verso un punto preciso, verso una convinzione, un credo, una qualche forma di verità.
Qui non si narrano storie epiche né si propongono soluzioni magiche, al pubblico si presentano piuttosto spunti di riflessione, sull’oggi e sul futuro, su un’emigrazione (o immigrazione) probabilmente da ripensare fin dalle sue fondamenta, con richiami forti all’elemento sociale.
La narrazione è sorretta dal gioco di luci, dall’uso sapiente dei pochi elementi scenici che concorrono a creare un’atmosfera rarefatta, dove davvero “tutto è stato preso”, anzi forse non proprio tutto, perché resta sempre la possibilità di una rinascita, di veder crescere quei semi che si sono anche inconsapevolmente gettati.
L’unico aspetto che non mi ha interamente convinto è il finale, che ho trovato poco organico rispetto al resto dello spettacolo, con l’inserimento dell’elemento video lievemente forzato, così come il tono e il registro delle ultime battute, ma nel complesso sono contenta di poter ripetere anche quest’anno che il Festival Wonderland si è per me aperto in positivo e che aspetto il prossimo fine settimana per scoprire nuove compagnie, vivere nuove emozioni, seguendo un teatro che, come scrivono gli organizzatori, “sembra continuamente sul punto di morire, salvo poi rigenerarsi in forme sempre nuove e creative in quanto accetta la sfida dei nostri tempi e i cambiamenti che ne conseguono”.


@Chiara Gavuzzi courtesy of  Residenza IDRA / Festival Wonderland

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Dove tutto è stato preso di e con Tamara Bartolini/Michele Baronio
produzione Bartolini/Baronio | 369gradi
coproduzione Teatri di Vetro Festival/Triangolo Scaleno Teatro
con il supporto di Residenza IDRA (Brescia) e Armunia (Castiglioncello) nell’ambito del progetto CURA 2017
Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2018
Quando: 24 novembre 2018
http://www.wonderlandfestival.it/
Per prenotare i biglietti dei prossimi spettacoli: http://www.wonderlandfestival.it/prenotazioni/ oppure www.vivaticket.it