Che cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa, pur con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo. (W. Shakespeare)
I nomi non sono le cose. “Le parole sono una fonte di malintesi”, per dirla con Antoine de Saint-Exupéry, eppure se manca una parola pe un istante ci si sente perduti, ci definiamo con le parole, anche quando rigettiamo quelle scelte da altri proprio per inquadrarci, con le parole diamo corpo ai nostri sentimenti, alle nostre emozioni, alla società e al tempo in cui viviamo, con le parole costruiamo relazioni e le distruggiamo. In un momento storico in cui siamo stati tutti costretti a contare solo sulle parole per restare in contatto il gruppo di ricerca teatrale Sotterraneo si è concentrato sull’intraducibilità, su quelli che, nel mio corso di studi, avremmo definito realia, secondo la teoria di Sergej Vlahov e Sider Florin. Così la serata conclusiva di Wonderland Festival è all’insegna di un gioco non di parole, ma con le parole, perfettamente messo in scena da Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini, che ci guidano, un po’ vacanzieri della domenica un po’ novelli esploratori, in un viaggio attorno al mondo, alla scoperta di quanto può essere “lost in translation”.
Un tema molto interessante, certo, ma cosa ci fa un branco di renne sul palco?
Semplice, illustra un concetto per immagini, là dove la traduzione non basta, dove non si possono travasare segni verbali in altri segni puramente verbali. Gli attori si immergono in situazioni che sono presenti nella lingua sorgente e assenti nella cultura di arrivo, cercano di dare un’espressione all’intraducibilità culturale, ancora prima che linguistica, di creare un ponte tra il parlante e, nel nostro caso, gli spettatori. A tratti sembra di assistere a un film muto, con gli attori che, a cavallo tra addomesticamento e straniamento, provano a creare delle vignette, didascalie visive, a trasformare in gesti e sguardi ciò che altrimenti sarebbe appunto intraducibile. E ci riescono strappando sorrisi e risate. Tra canzoni, silenzi ed effetti lip sync, lo spettacolo si articola in una serie di quadri, collegati da elementi visivi e sonori, con l’ironia che diventa spesso chiave di lettura e se dovessi scegliere una parola tra tutte quelle che sono passate sullo schermo, probabilmente sarebbe tsundoku, che in giapponese descrive l’atto di acquisire materiale da leggere, ma lasciarlo accumulare da qualche parte nella propria casa senza leggerlo. Infatti, la pila di libri comprati e in attesa di essere letti cresce sempre di più, anzi si moltiplica e si suddivide, in piccole pile, e sono sicura che andando a cercare troverei, nascosto, proprio un volume sulle 100 parole intraducibili.
Uno spettacolo di parole e sulle parole, divertente, pieno di energia, ma in cui non manca spazio per una riflessione sul futuro, sulle conseguenze del cammino che il mondo pare avere intrapreso, in cui le parole stanno apparentemente perdendo il loro peso, in cui la voce dell’ultima testimone di un idioma già tecnicamente estinto lascia intuire tutta la tragedia della progressiva scomparsa delle lingue cosiddette minori.
Per concludere, salutando gli attori che ci guardano uscire, vorremmo trovare una parola dolce-amara, capace di trasmettere quel filo di tristezza per un percorso che si conclude e al contempo la gioia per esserne stati partecipi, già curiosi di scoprire cosa ci aspetterà nella prossima edizione di Wonderland Festival.
Piè di pagina Atlante Linguistico della Pangea concept e regia Sotterraneo in scena Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini scrittura Daniele Villa Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2021
Tutto può succedere. E in un modo o nell’altro, succede sempre. (Paul Auster)
Seconda serata di Wonderland Festival, dopo le belle emozioni di ieri continuiamo a scommettere sullo spettacolo realizzato da Carmentalia in collaborazione con La Confraternita del Chianti che mette in scena il Leviatano di Riccardo Tabilio, testo vincitore della X edizione del bando NdN Network drammaturgia Nuova.
Una pièce basata su fatti indiscutibilmente veri, per quanto possa essere difficile crederlo. Fatto 1: Su palco ci sono tre attori che si presentano subito come tali, ciò che si vedrà sono quindi tre attori che impersonano o danno solo voce a diversi personaggi effettivamente esistiti, ci tengono subito a precisarlo. Perché questo è teatro. Ma quanto la loro personalità, la loro vita si intreccia con il racconto e quanto questa vita è, ancora una volta, finzione? Fatto 2: Nel 1995, un uomo di mezza età, incensurato, corpulento, rapina due banche a Pittsburgh, Pennsylvania, in pieno giorno. Non indossa alcuna maschera o altro tipo di travestimento, eppure le cronache sottolineano come si sia molto stupito di essere poi catturato, mentre si trovava tranquillamente a casa propria. Fatto 3: La storia di questo rapinatore improvvisato che si credette invisibile per essersi spalmato in faccia del succo di limone diventa lo spunto per uno studio di psicologia sociale che arriverà a formulare una teoria della distorsione cognitiva, il cosiddetto effetto Dunning-Kruger, ancora oggi richiamata per spiegare il nesso tra incompetenza e valutazione delle proprie reali capacità. Fin qui “i fatti” da cui parte il testo di Tabilio. Fatto 4: Nomen omen, aggiungiamo noi.
Da qui in poi si parte insieme per un viaggio immaginato e immaginario attraverso le pagine dei giornali e le fonti accademiche che ci porterà a risolvere un crimine, ma anche a gettare uno sguardo sui rapporti di potere all’interno della prestigiosa Cornell University, sui meccanismi che regolano il mondo accademico e sulle disparità che caratterizzano la società americana (per entrambi questi ultimi due punti ci piacerebbe poter aggiungere “negli anni Novanta”…). Un percorso a ritroso, con i toni delle migliori serie crime e, al contempo un racconto per immagini e in musica, da cui è quasi impossibile non lasciarsi coinvolgere e travolgere, perché “Leviatano è (anche) uno spettacolo rock. Da vedere, ascoltare e ballare”. Inni di un’epoca, tutti rigorosamente suonati dal vivo, accompagnano il pubblico attraverso i diversi capitoli. Dagli Smashing Pumpinks ai Green Day, dai Placebo ai Clash, passando per Alanis Morissette e Bruce Springsteen, così come per Song 2 dei Blur e Lemon Tree dei Fool’s Garden – queste due canzoni credo indicate in origine già dall’autore, come parte integrante della colonna sonora. Un percorso di ricostruzione, ma lo si era già capito probabilmente dal titolo, a ritroso, dicevamo, ma non lineare, perché in realtà sulla scena si mescolano le storie di Dunning e Kruger, del rapinatore idiota-eroe, del poliziotto che cerca di catturarlo, di un certo Clifton Earl Johnson, testimone involontario, ma anche dei nostri tre attori, di Alessia, Andrea e Giulio (in rigoroso ordine alfabetico per non scontentare nessuno…).
Un percorso che poi, improvvisamente, smette di snodarsi all’indietro per tornare fino quasi ai giorni nostri, con nuove sorprese, nuove rivelazioni, forse nuove chiavi di lettura di quella che è sì la storia di un uomo, ma anche, in parte, specchio del mondo.
E mentre si spengono gli echi del racconto, cala il silenzio e si abbassano le luci, ci avvolge il profumo di un limone spremuto. Applausi.
Piè di pagina Leviatano di Riccardo Tabilio regia, scene e costumi di Marco di Stefano drammaturgia di Chiara Boscaro con Giulio Forges Davanzati, Alessia Sorbello e Andrea Trovato. Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2021
Money, money, money Must be funny In the rich man’s world Money, money, money Always sunny In the rich man’s world
Finalmente torniamo a commentare il primo spettacolo che abbiamo scelto nel cartellone di Wonderland Festival, dopo uno stop forzato. Bentornati in sala con WonderBoom – e l’inizio è davvero con il botto per un sabato sera in cui, almeno per un’ora abbondante, abbiamo lasciato fuori dalla porta del teatro, insieme agli ombrelli, anche malumori e preoccupazioni, per concederci un momento di spensieratezza, senza però “spegnere il cervello”, semmai proprio il contrario. La compagnia Pensieri Acrobati ha scritto e realizzato questa produzione originale espressamente per Wonderland Festival, inserendoci tutto ciò che amiamo di questa rassegna, dall’innovazione alla commistione tra generi e stili, dalla capacità di far ridere e contemporaneamente riflettere, dal coinvolgimento del pubblico alla tradizione dei cantastorie e del teatro “militante”.
Ma andiamo con ordine. La locandina realizzata da Dorothy Bhawl, innanzitutto, è stato il primo grande richiamo. Ci sono pièce che si scelgono a scatola chiusa (dobbiamo ammettere che non conoscevamo Pensieri Acrobati), spinti solo dal titolo, altre volte l’impulso arriva dall’immagine scelta per i cartelloni. E così abbiamo deciso, rispondendo al fil rouge dell’intero festival, di scommettere su questa proposta. Ci siamo quindi ritrovati, in prima fila a partecipare a un’asta davvero senza precedenti, protagonisti chiamati a scegliere, insieme agli altri spettatori (davvero pochi, ma pronti a mettersi in gioco) cosa portare con noi, i “fortunati eletti”, in un nuovo mondo per sfuggire da una catastrofe mondiale, stipando oggetti e concetti in una sorta di capsula del tempo, capace di attraversare il tempo e lo spazio. Però, come ben insegnano i viaggi i recenti viaggi a bordo di navicelle spaziali, tutto ha un costo, tutto si può (si deve) monetizzare e così all’ingresso ci è stata consegnata una busta, non con trenta denari, ma con cinque euro, un tesoretto di base da spendere per aggiudicarsi questo o quell’altro oggetto, per salvare questo o quell’altro ideale, questa o quell’altra conquista della società. All’insegna di tanto humor misto a un certa affabulazione da televendita, parlando alle menti e alla pancia, il banditore d’eccezione, Stefano Cenci, accompagnato dai suoi assistenti, Chiara Davolio e Filippo Beltrami, ballerini e canterini e contemporaneamente rigorosi contabili, ha guidato gli spettatori tra i dieci lotti all’asta, pungolandoli e mettendoli di fronte a scelte non prive di conseguenze… chi avrebbe, infatti, voluto vedergli fracassare un violino sotto gli occhi della musicista che lo aveva appena suonato? Dieci i lotti, dicevamo, spesso legati al territorio, alla memoria tanto personale quanto collettiva, per cui le vecchie cartoline di Brescia hanno subito trovato nuovi proprietari, così come la bottiglia di Lugana, mentre, onestamente, avremmo volentieri lasciato cadere nel dimenticatoio la canzone Angelo di un nostro concittadino, che, invece, saremo costretti a portare con noi. Sacrificata la lettura integrale dell’Adelchi di Vittorio Gassman (dai, solo per motivi di durata) insieme, fortunatamente alle armi, il pubblico ha consegnato all’oblio anche lo schiavismo e, dopo una riedizione dell’antico referendum, la monarchia (non all’unanimità).
Nel futuro che abbiamo immaginato ci sarà d’altro canto spazio per la libertà d’espressione, così come per la lettura e la musica, sperando che la bellezza possa davvero salvare il mondo. Tra un omaggio agli Abba, tante risate e qualche rialzo delle offerte, senza che gli attori perdano mai il ritmo, dimostrando un’ottima capacità di improvvisazione, si arriva all’ultimo lotto, con il banditore che chiede agli spettatori di investire, questa volta anche dal loro portafoglio, per salvare il teatro. E credo che, in quel momento, ciascuno non abbia potuto non pensare a quanto gli ultimi anni siano stati duri per tutti coloro che vivono sul palcoscenico e la decisione questa volta sì è stata unanime, in un tintinnare di monete la cifra necessaria è stata raggiunta (e superata). Il teatro è salvo. E speriamo di continuare a poter dire, alla fine di questa e di tutte le prossime edizioni, Wonderland Festival è morto, lunga vita a Wonderland Festival.
Piè di pagina WonderBoom di Stefano Cenci regia di Stefano Cenci drammaturgia di Stefano Cenci e Chiara Davolio con Stefano Cenci, Chiara Davolio e Filippo Beltrami una produzione di IDRA Teatro e Pensieri Acrobati Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2021
Raccontavo in un altro post dell’impazienza con cui aspetto la locandina di Wonderland Festival ogni autunno, ma certamente è la scoperta del programma a riservare sempre le maggiori sorprese. Ormai è una sorta di rito, aprire il sito, leggere la sezione “Fil rouge” e poi, mano al calendario, scegliere gli spettacoli. Resta però la curiosità di capire come nasce davvero un festival così articolato, capace di condensare in un paio di settimane spettacoli molto diversi eppure legati da un filo sottile, di raccogliere compagnie e attori delle più disparate provenienze superando anche eventuali barriere linguistiche. E questa volta ho sfruttato la disponibilità a sedersi per fare due chiacchiere di Emma Mainetti, Direzione organizzativa e di produzione che mi ha permesso, virtualmente, di accompagnarla dietro le quinte.
Il punto di partenza è il nome. Di chi è stata l’idea di legare il festival a “Wonderland” – tra parentesi un nome azzeccatissimo vista la sensazione di immergersi proprio in un paese delle meraviglie che personalmente mi spinge a tornare, stagione dopo stagione, ad aspettare che si alzi ancora una volta il sipario. E ovviamente questo non può che portare a chiedere come è nato il festival. Il nome Wonderland Festival nasce nel 2012, ma il festival in sé, o almeno il suo primo antenato, era già nato nel 1998 e si chiamava Brescia tra Fiabe e Contaminazioni. Si trattava di un festival biennale, molto diverso da quello che vediamo ora, sicuramente più piccolo, come più piccoli eravamo anche noi. Io infatti non c’ero ancora…l’idea è stata di Davide D’Antonio e Giovanni Zani, fondatori e tuttora direttori di Residenza IDRA. Brescia tra Fiabe e Contaminazioni lavorava sul tema delle fiabe per adulti, con gli anni poi il tema si è ampliato e il festival è diventato annuale, nel 2012, trasformandosi in Wonderland. Il legame con la fiaba si è attenuato ma ci piaceva mantenere un senso legato al “Paese delle Meraviglie” che è un po’ quello che ogni anno cerchiamo di creare. Personalmente sono arrivata a far parte del festival nel 2013 e sono quindi testimone diretto solo delle edizioni dal 2013 in poi. In questi anni il festival è cambiato molto, è cresciuto e si è trasformato ulteriormente. Le edizioni 2012-2013-2014 erano ancora molto lunghe, si parlava di circa uno o due mesi di programmazione limitata ai fine settimana, una via di mezzo tra una piccola stagione e un festival insomma. La svolta è avvenuta nel 2015, il festival è stato riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali, si è spostato da febbraio a novembre e ha preso la forma attuale: due settimane di programmazione intensissima, eventi collaterali, convegni, dopofestival…tutto quello che anche oggi ci caratterizza e che ogni anno si sviluppa sempre di più prendendo nuove forme.
La seconda domanda credo che sia stata posta innumerevoli volte, è un po’ una sorta di “è nato prima l’uovo o la gallina?” applicato ad ogni edizione del festival. Se pensiamo al programma e a quel fil rouge a cui accennavo prima, che costituisce una chiave di lettura, una bussola per orientarsi nel calendario delle rappresentazioni e degli eventi, è spontaneo riflettere su quale sia il fondamento. Qual è il punto di partenza su cui si costruisce la stagione, attorno a cui ruota tutto? In termini di processo creativo, viene insomma prima la selezione del tema – poi riassunto nel claim – o la considerazione degli spettacoli disponibili? O forse è sbagliato già pensare al concetto di “spettacoli disponibili”, perché talvolta nascono già in qualche misura per Wonderland? Anche in questo caso la svolta è stata data dal passaggio ministeriale. Il Ministero richiede agli organizzatori di avere una visione triennale del festival. Così, il primo triennio, dal 2015 al 2017, la decisione è stata quella di lavorare ogni edizione su un tema diverso sul quale costruire un fil rouge attorno a cui far ruotare gli spettacoli. In questo caso ciò che nasce prima è il tema, l’urgenza, l’argomento di cui sentiamo sia in quel momento necessario parlare. I tre temi scelti dalla direzione artistica in quegli anni, che venivano poi tradotti dai claim, erano temi caldi, che sentivamo che il pubblico, gli artisti, la società avevano urgenza di condividere. Pertanto in qualche modo le due cose si contaminano, il tema detta la scelta degli spettacoli ma anche l’urgenza degli artisti che producono spettacoli su determinati temi fa comprendere che cosa sia importante mettere in luce in quel momento…”Imbraccia la tua arma” nel 2015, “Sedotti, traditi, felici” nel 2016, “Speak the truth!”nel 2017…erano tutti temi che sentivamo importanti e che, in alcuni casi, anche associati alle immagini, hanno suscitato qualche polemica. Per il secondo triennio invece, che è iniziato l’anno scorso e arriverà fino al 2020, la scelta della direzione artistica è stata quella di concentrarci su un genere: il teatro immersivo, che abbiamo iniziato a sondare nella scorsa edizione, con approccio più leggero e che era espresso ironicamente da quel “Non la solita minestra…” ad indicare un nuovo modo di fare teatro in cui lo spettatore è un ingrediente importante e che quest’anno esprimiamo con più forza con il nostro interrogativo “Chi è di scena?”. Per quanto riguarda la scelta degli spettacoli avvengono entrambe le cose che dici: sicuramente Davide D’Antonio guarda al panorama artistico con un occhio di riguardo a quelle compagnie e a quegli spettacoli che indagano nella direzione che interessa al festival ma è anche avvenuto che si “sfidassero” gli artisti a produrre lavori ad hoc, come nel caso dello spettacolo “5 minutes” andato in scena nel 2017 in cui abbiamo chiesto a diversi artisti di produrre 5 minuti di performance ispirandosi ai cinque minuti di tempo che vengono dati alla popolazione palestinese per salvarsi dai bombardamenti in arrivo, e abbiamo prodotto un evento unico per Wonderland.
Negli anni gli spettatori hanno assistito a una evidente evoluzione del festival, non solo specchio dei tempi ma di una autentica crescita, maturazione della rassegna che ha saputo uscire dai confini della città, tanto in termini artistici che di fama. Quanto è stato difficile raggiungere questo obiettivo e quanti sono stati gli eventuali cambi di rotta? La parte difficile è stata farsi conoscere dal pubblico, riuscire a farlo arrivare da noi per la prima volta. La programmazione del festival è sempre stata ambiziosa, Idra ha da sempre un occhio attento al panorama artistico contemporaneo nazionale e internazionale e ha portato a Brescia proposte e artisti di grande livello che molte volte non erano mai stati qui. Ad esempio i Motus, che, pur essendo tra le compagnie di punta nel panorama nazionale, sono venuti a Brescia per la prima volta nel 2015, nel nostro piccolo spazio di Vicolo delle Vidazze. La sfida di riuscire a far comprendere al pubblico che il teatro e l’arte performativa contemporanea sono accessibili a tutti e che da noi potevano sperimentarlo è stata la più difficile. Ma tutte le persone che sono venute negli anni sono poi tornate, e sono diventate i nostri migliori comunicatori. Il nostro pubblico è estremamente fidelizzato, quando viene al festival ci torna, difficilmente segue solo uno spettacolo. Il lavoro è stato soprattutto questo, credere in quello che portavamo avanti e non demordere. Siamo cresciuti molto anche grazie al pubblico che ci segue.
Quest’anno una produzione Residenza IDRA in collaborazione con Image Collective per la regia di Davide D’Antonio si intitola Andare verso, un percorso itinerante e un omaggio alla nostra città. Dove sta andando Wonderland Festival? Dove vi immaginate tra, diciamo, cinque anni? Personalmente spero, fedele al nome che ho scelto per il mio blog, anch’esso un inno al cammino, che il viaggio sia ancora molto lungo… Sicuramente lo speriamo anche noi…il Festival è uno dei progetti più importanti che IDRA porta avanti. Dove saremo tra cinque anni è difficile dirlo. Purtroppo anche noi, come tutti coloro che lavorano nella cultura ed in particolare nel teatro, viviamo di costante precarietà. Sogni e visioni si scontrano costantemente con il limite delle prospettive politiche ed economiche. In Italia la prospettiva più lunga in termini di programmazione è triennale, dopo di che tutto si sospende in attesa che venga definito il triennio successivo. Io credo che Wonderland abbia dimostrato negli anni una crescita costante, sia in termini di programmazione che di pubblico e che questo gli garantisca un cammino futuro agli occhi delle istituzioni. Ma nessuno può dirlo con certezza. Quello che possiamo dire con certezza è che noi continueremo a lavorare per portarlo avanti e farlo crescere, come abbiamo fatto fino ad ora.
Anche quest’anno è arrivato il momento di commentare il primo spettacolo che abbiamo scelto nel cartellone di Wonderland Festival. Una doverosa premessa, se fosse stato per me, non lo avremmo visto – sono sempre un po’ sospettosa quando le opere hanno una forte componente musicale – e me ne sarei molto pentita. Invece, grazie a una decisione “del collettivo” mi sono trovata a godere tutti i 60 minuti di Calcinculo, davvero “uno spettacolo dove le parole prendono la forma della musica. Dove la musica prende la forma delle parole”, e applaudire convinta una compagnia che non vedo già l’ora di rivedere all’opera.
Non sono solo canzonette, anzi. Babilonia Teatri porta nello Spazio Teatro Idra una pièce che vive di contaminazioni e rimandi, in cui la musica è elemento essenziale per dare corpo a un autentico fiume di parole, la drammaturgia in prosa, a un flusso disordinato e irrefrenabile che sembra scaturire senza filtri, a tratti senza neppur una logica apparente, irrazionale come le paure e le fobie enumerate da Castellani, che sono invece, ne sono certa, assolutamente reali per molti spettatori.
Contrappunto e melodia, i frammenti delle storie narrate (o forse sarebbe meglio dire di un’unica storia, quella del nostro quotidiano) si sviluppano in un gioco di contraddizioni, i ritornelli pop non nascondono la profondità dei temi trattati, non mascherano l’invio a riflettere, a confrontarsi con temi forti, a (ri)prendere una posizione dopo che i miti e le convinzioni hanno subito l’ineluttabile trascorrere del tempo, come sottolineano gli autori con una delle immagini più poetiche e contemporaneamente più amare dell’intero copione, quella dello scotch usato per fissare i manifesti di Che Guevara sul muro che cede appunto al tempo e alla forza di gravità. Sul palco, volutamente scarno, con pochi elementi per non distogliere l’attenzione dal testo, dalla sua reale comprensione, scorre un collage di miserie umane, di nodi irrisolti. Presente e passato, rock e pop, leggerezza contro il peso delle idee, spensieratezza e parole come pietre, perché non stiamo facendo un altro giro su una giostra a cavalli, ma siamo su un calcinculo con tutte le sue emozioni contrastanti.
In questo vortice si riesce anche a ridere, si è coinvolti in una ricerca delle citazioni, musicali e non, ci si lascia cullare dalle note e dall’illusoria lievità delle mossette della cantante, mentre si viene schiaffeggiati dai testi delle canzoni. L’ironia smorza i toni, ma è uno sguardo disincantato sulla realtà a prevalere, portando anche l’inaspettato concorso di bellezza in cui il pubblico è chiamato a votare ad assumere forme grottesche. Nel complesso uno spettacolo forte, tagliente, che costringe a guardare dentro se stessi oltre che a ciò che ci circonda, che invita a non cadere nella (autoconsolatoria) illusione che “così vanno le cose, così devono andare”, a ritrovare la capacità di sognare e che regala, grazie alla convincente prova d’attore e a un testo da masticare lentamente e digerire, un ottimo esempio di teatro “schierato”.
Piè di pagina Calcinculo di e con Enrico Castellani e Valeria Raimondi e con Luca Scotton Produzione Babilonia Teatri Musiche di Lorenzo Scuda Dove: Spazio teatro IDRA, Festival Wonderland 2019
Per alcuni la primavera è la stagione del nuovo inizio, per me invece è l’autunno visto che riapre la stagione teatrale. E da diversi anni novembre è il mese in cui nei luoghi più diversi della città appaiono i manifesti di Wonderland Festival, immagini in cui cerco di cogliere qualche anteprima del calendario di spettacoli, di quel fil rouge che li lega. Con il passare del tempo il festival teatrale e la sua espressione “grafica” sono diventati sempre più legati, quasi inscindibili e mi sono chiesta spesso come funzioni il processo creativo che porta alla scelta dei materiali per la comunicazione e quanto conti proprio la comunicazione per una rassegna come Wonderland, che ha fatto del suo essere “altro” nel panorama culturale bresciano, e non solo, la propria cifra stilistica. Per soddisfare questa e molte altre curiosità ho deciso di rivolgermi alla fonte, facendomi accompagnare in un viaggio attraverso le locandine da Walter Spelgatti, responsabile Ufficio stampa e comunicazione, che ringrazio sin d’ora per la disponibilità. Partiamo dal 2015, pietra miliare nella storia di Wonderland e anno in cui l’immagine– e la comunicazione in senso lato – diventa assolutamente distintiva, detta il tono e l’atmosfera di quello che il pubblico vedrà sulla scena, e si impone, di pieno diritto, come un elemento del programma.
L’immagine del soldato al pianoforte è davvero forte, così come sarà forte, pressante l’invito che riecheggia nei diversi spettacoli a schierarsi, a prendere posizione, metaforicamente a “imbracciare la propria arma”. Un punto di svolta, a mio parere, nella strategia comunicativa in cui l’elemento grafico, visuale, si sposa con la parola, la sottolinea, la incarna. Da quel momento le locandine del festival vivranno sempre di questa dualità. Lo si vede bene nel 2016 che segna l’inizio della proficua, e perdurante, collaborazione con Dorothy Bhawl che con le sue opere contribuisce a creare la veste esteriore del festival, rendendola assolutamente riconoscibile seppur nuova a ogni stagione.
Dopo l’ironica e grottesca rivisitazione di Alice nel Paese delle Meraviglie è la volta di un’implacabile Regina di Cuori…
… per arrivare al mondo del fumetto con Gargamella nel 2018.
Come nasce questa collaborazione? La collaborazione con Dorothy nasce da un colpo di fulmine. Eravamo alla ricerca della nuova immagine del festival il cui claim era “sedotti, traditi, felici…”. Come al solito lavoravamo di brain storming, scambiandoci impressioni e suggestioni che il tema ci dettava. E come al solito faticavamo a trovare una linea, un’immagine dalla quale ci sentissimo tutti rappresentati e che ci mettesse tutti d’accordo. Fino a che, nelle nostre ricerche, è comparsa lei. L’immagine di Alice che cavalca un particolarissimo Bianconiglio in un’atmosfera da party un po’ decadente ma festoso. Ci rappresentava, esprimeva ciò che volevamo dire in quel momento. Era forte, ironica, artistica. E ci siamo innamorati, di quell’immagine e del suo autore, Dorothy Bhawl, che per la prima volta ci aveva fatto battere il cuore all’unisono. Abbiamo deciso di contattarlo e Dorothy è stato da subito entusiasta di intraprendere questa nuova collaborazione che prosegue e cresce di anno in anno. Non ci siamo più lasciati. Dicevamo prima di come immagine e claim siano l’ottimo completamento del cartellone del festival. Potrei dire quasi una sorta di trailer cinematografico, un antipasto che stuzzica l’appetito. E proprio questa corrispondenza risulta particolarmente affascinante, un esempio di comunicazione perfettamente riuscita. Ma qual è l’elemento di partenza, il testo o la fotografia? E come si arriva alla composizione definitiva, quale è il processo? Dare una successione definita a questo complesso processo non è facile. L’immagine di Dorothy è un’immagine che parla da sé. È comunicativa, fortemente descrittiva e allo stesso tempo veicolo di messaggi importanti. La fotografia aiuta molto nella creazione di un racconto fortemente identitario del festival. Wonderland sta diventando sempre più in festival che segna un percorso, che anticipa dei messaggi forti che diventano “pop” grazie alla perfetta sinergia tra l’arte del fotografare e l’arte del comunicare. Ma la comunicazione non è solo immagine. “Imbraccia la tua arma”, “Sedotti, traditi, felici”, “Speak the truth”, “Non la solita minestra” fino all’ultimissimo “Chi è di scena?”. Ogni parola ha un suo peso, un suo posto specifico. In questi claim nulla è ridondante, la concisione come valore. Anche questo è un elemento ricorrente, identificativo, fortemente studiato. Oppure no? Il claim di Wonderland è assolutamente studiato, pensato in ogni punteggiatura. L’immagine ispira il claim, che allo stesso tempo viene pensato in funzione della direzione artistica degli spettacoli in cartellone. Il “Chi è di scena?” di quest’anno è un esempio che calza perfettamente. Il punto di domanda non è casuale. Nel “richiamo” agli attori dietro il sipario prima dell’inizio dello spettacolo non c’è un punto di domanda. È una chiamata. Noi abbiamo aggiunto un interrogativo. “Chi è di scena?” non è più una chiamata ma una vera e propria richiesta, come una provocazione. Si chiede al pubblico chi vuol essere di scena. O secondo loro chi è di scena, in un festival pensato proprio nell’ottica di un modo di vivere il teatro completamente nuovo: lasciando al pubblico la scelta se entrare nella scena o stare a guardare…
Guardando la splendida immagine scelta per il 2019 – che si lascia decisamente alle spalle i rimandi al paese delle meraviglie, o forse no visto il sottile gioco di specchi e rimandi, restano due domande. Rivedremo mai i personaggi di Lewis Carroll e, soprattutto, quanto conta la comunicazione per una realtà come Wonderland Festival, a Brescia (città che per molto tempo è stata accusata di essere provinciale, nemica della cultura, poco aperta alla sperimentazione e alle novità), in Italia e all’estero? La comunicazione di Wonderland è fondamentale. Ormai l’immagine di Wonderland è diventata iconica. Tra le comunicazioni più attese dell’anno. Il pubblico ci chiede quale sarà la nuova immagine, quale claim abbiamo pensato per provocare la città sul nuovo teatro che ogni anno proponiamo. Siamo consapevoli che il festival è complesso e di non facile “accessibilità”, per questo per il comparto comunicazione è importante trovare la modalità affinché il pubblico si avvicini e si incuriosisca. Una volta superato questo “ostacolo” tutto è in discesa: Wonderland è un festival divertente e coinvolgente. Un festival che porta in scena messaggi attuali e dirompenti. Un’occasione per riflettere e provocare nuove riflessioni. E farlo attraverso il teatro, ci siamo accorti, è l’occasione più bella e soddisfacente che ci sia! Basta avere il coraggio di entrare in scena…
Piè di pagina Wonderland Festival Dove: Brescia, sedi varie Quando: dal 16/11 al 1/12 2019 Come: info e biglietti su http://www.wonderlandfestival.it/prenotazioni/ Dorothy Bhawl è in mostra al Ma.Co.f fino all’11/12/2019 con aperture straordinarie per il pubblico di Wonderland giovedì 21/11 e sabato 30/11 fino alle 21.
Con The Black’s Tales Tour di Licia Lanera si chiude per me il Festival Wonderland 2018.
L’idea di riproporre, di raccontare alcune delle fiabe più note senza le componenti zuccherose e consolatorie è stata già esplorata in passato, ma in questo caso l’obiettivo era puntato su una sorta di immersione dei personaggi femminili nella vita reale, con le loro ossessioni e le loro paure, fino a che i confini tra fiaba e realtà perdessero di definizione, scomparendo tra insonnia e incubi notturni.
Queste le premesse e le promesse – onestamente secondo me non interamente mantenute – dello spettacolo andato in scena sabato scorso.
L’inizio è potente, con un’apparizione a cavallo tra lo ieratico e l’alieno, grazie a un ottimo uso delle luci, che proseguirà per l’intera rappresentazione. Non altrettanto ottimo, purtroppo, il sonoro, che a tratti copre la recitazione, facendole perdere di incisività, così come mi è parsa poco felice la scelta del costume che, accompagnato a talune pose, rischia di far scadere in una inutile volgarità, tratto saliente di quella Lady Gaga a cui alcuni commenti hanno accostato la protagonista, di cui ho invece sinceramente ammirato la capacità di occupare la scena, tanto fisicamente che emotivamente per tutta la durata dello spettacolo.
Ci sono momenti assolutamente divertenti e non ho potuto non lanciare uno sguardo a M. che alzava gli occhi al cielo alla domanda su “cosa fare con 78 paia di scarpe”, ma il ritmo nel complesso è un po’ altalenante e gli avrebbe forse giovato qualche taglio per evitare una certa ripetitività.
Fortunatamente, tra gli alti e bassi, la chiusura dello spettacolo è inaspettata, originale, sospesa tra sogno e realtà, tra conscio e inconscio, su una nota alta che invita alla riflessione e riporta alla fascinazione iniziale di questo autentico one woman show energetico e frizzante.
@xxx courtesy of Festival Wonderland / Residenza IDRA
Cogliere tutta la bellezza che ci circonda, questo è l’obiettivo dichiarato del blog ed anche un modo di intendere la vita che consenta di godere appieno delle piccole come delle grandi cose, dei viaggi in terre lontane e delle gite fuoriporta o, talvolta, di una semplice passeggiata all’interno delle mura stesse della propria città.
Non sempre servono lunghi spostamenti per trascorrere un pomeriggio diverso, all’insegna dell’arte o della cultura, della scoperta e della curiosità. Ecco qui qualche opportunità di ampliare i propri orizzonti restando a Brescia e con una puntata nella Bassa Bresciana Occidentale.
Dal 15/11/2018 al 30/11/2018
Festival Wonderland Un festival teatrale che non hai mai deluso nelle scorse edizioni e che quest’anno al grido di “Non la solita minestra!” promette di sorprendere e appassionare gli spettatori, coinvolgendoli con e in un’offerta non convenzionale, che si nutre di contaminazioni tra le arti, della pluridimensionalità dei linguaggi e delle identità culturali e che permette di immergersi, per due fine settimana consecutivi, nel mondo del teatro contemporaneo.
E per chi non fosse ancora convinto il 24 novembre, in piazzetta Sant’Alessandro, dalle 17.30 sarà possibile gustare un assaggio gratuito con il vincitore del Premio residenze “TrenOFF 2017”.
Categoria: Teatro Dove: Brescia, varie sedi Quando: dal 17 novembre al 2 dicembre Cosa: Incontri, spettacoli teatrali, convegni in diverse sedi cittadine http://www.wonderlandfestival.it
Biglietti acquistabili anche su www.vivaticket.it
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Fotografare l’arte Una riflessione sulle molteplici figure dell’artista, viste attraverso le lenti di fotografi che diventano testimoni di un’epoca e delle stesse espressioni artistiche che costituiscono l’oggetto delle loro fotografie. Come scrivono i curatori l’esposizione si pone e propone come una “una proposta di lettura, costruita su esempi e suggestioni, di diversi momenti di incontro e di dialogo tra la fotografia italiana e il mondo dell’arte, e delle riflessioni sui propri rispettivi linguaggi che ne sono scaturite”.
Categoria: Fotografia Dove: Macof – Centro della fotografia italiana, Via Moretto 78 Quando: dal 10 novembre 2018 al 13 gennaio 2019, da martedì a domenica 15:00 – 19:00 Cosa: Mostra temporanea http://www.macof.it/fotografare-larte/
Ingresso libero negli orari di apertura del centro
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Levalet: Libre échange Un artista si interroga sulla natura – e sull’aberrazione – degli scambi commerciali in cui le merci possono viaggiare per migliaia di chilometri, subendo infinite trasformazioni, per poi talvolta ritornare al punto di partenza. Una riflessione sulla globalizzazione, sul mondo del lavoro e sulla società in cui viviamo.
Categoria: Installazione Dove: Carme – Centro Arti Multiculturali Etnosociali, Via delle Battaglie 61 Quando: dal 31 ottobre 2018 a 3 dicembre 2018, da mercoledì a domenica 16:00 – 20:00 http://www.carmebrescia.it/levalet-libre-echange
Ingresso libero
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Festival della Pace Il Festival della Pace è giunto alla sua seconda edizione.
Il programma ruota attorno ai concetti della nonviolenza e della pace costruttiva e positiva, punto nodale del vivere civile, prendendo le mosse da un’analisi di temi quanto mai attuali: dall’immigrazione alla cybersicurezza, dalle fake news ai traffici d’armi, per concludere con lo spettacolo storico-musicale “Rifiuto la guerra” nella Chiesa di San Cristo.
Categoria: Festival Dove: Brescia, varie sedi Quando: fino al 24 novembre 2018 Cosa: incontri, mostre, spettacoli, percorsi d’arte, visite guidate, concerti Programma completo
Ingresso libero/gratuito
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Microeditoria del Fumetto Giornata dedicata a fumetto e illustrazione, nata dalla collaborazione fra MalEdizioni, Festival Tra le Nuvole, Comune di Orzinuovi e Rassegna della Microeditoria, con particolare attenzione alle novità del settore e agli aspetti di ricerca e sperimentazione.
Categoria: Rassegna dedicata al fumetto e all’illustrazione Dove: Rocca di Orzinuovi (Brescia), Piazza Giuseppe Garibaldi Quando: 18 novembre 2018, 10:00 – 20:00 Cosa: mostra-mercato, mostre, incontri con gli autori Programma completo
Ingresso libero