
Liberamente ispirato, direi molto molto liberamente ispirato, alla notissima opera di Stevenson, questo spettacolo non mi è parso interamente convincente né dal punto di vista della drammaturgia né da quello della recitazione.
Se è vero, come afferma lo stesso autore, che Jekyll “è un paradigma, una metafora nota a tutti che non smette mai di risignificarsi”, altrettanto vero è che molto del fascino della storia risiede, almeno per me, nel modo in cui è stata scritta e nella voce personalissima dello scrittore che ce la narra.
L’aver portato il protagonista nel mondo della finanza è un’idea di fondo affascinante, che modernizza fortemente l’opera, ma che cozza, stride con la recitazione di Luca Micheletti, che ha un qualcosa di già visto, di maniera nei gesti esagerati, nel tono declamatorio. A tratti sembra di essere in presenza non già di un uomo disturbato, di un io frammentato in maniera irreparabile, ma quasi di una caricatura abbastanza classica del malato che soffre di uno sdoppiamento della personalità.
E in questa estremizzazione dei gesti, dei toni si smarrisce il senso profondo dell’opera, la riflessione amara sul nostro essere tutti, forse, null’altro che un’illusione.
Per questo stesso motivo, non ho apprezzato la scena del confessionale, una nota da spettacolo comico che nulla aggiunge, anzi che “addomestica” la narrazione.
Analogamente, soprattutto nel primo atto, mi è sembrato che a tratti il testo perdesse di mordente, come se si accartocciasse su se stesso, diventando un mero esercizio di stile, per poi riprendere vigore nel secondo atto.
Questo eccesso di verbosità torna prepotente nel finale che avrei voluto più netto, meno costruito così da salutare il pubblico sulla nota più alta, senza dover necessariamente aggiungere altro alla storia.
Tutto ciò premesso lo spettacolo è esteticamente, visivamente di altissimo livello e fosse anche solo per questo motivo merita senz’altro di essere visto, per capire meglio una delle direzioni in cui si sta muovendo il teatro contemporaneo.
Dalla musica ai costumi, alle maschere e agli oggetti di scena fino alle luci tutto concorre a creare immagini potenti, che si fissano nella mente dello spettatore immergendolo in una scenografia gotica.
L’apertura della pièce, in particolare, è perfetta nei colori e nell’atmosfera, come se un dipinto di Magritte prendesse vita sul palco, così come le scene corali di “ballo” traducono in movimento, in coreografia il tema del doppio. Altrettanto riuscita la scelta di creare una scena pluridimensionale in altezza, così come quella di scandire i tempi e separare gli spazi con la reiterata discesa di una quinta che riusciva al tempo stesso ad essere impalpabile ed estremamente fisica.
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Jekyll
Di Fabrizio Sinisi liberamente ispirato all’opera omonima di Robert Louis Stevenson
regia Daniele Salvo
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano
Dove: Teatro Sociale
Quando: 29/01 – 10/02/2019
http://www.centroteatralebresciano.it/