“Uno dei più antichi esercizi di filosofia morale dell’essere umano è la ricerca di una giustificazione etica superiore per l’egoismo. È un esercizio che implica sempre una serie di contraddizioni interne…” (J.K. Galbraith)
Delle contraddizioni interne della società indiana si è parlato spesso e mi pare che Delhi le amplifichi ancora di più, nonostante i recenti tentativi dell’amministrazione (già peraltro visti in altre città e in altri Paesi) di “risolvere” il problema semplicemente spostandolo fuori dai confini cittadini.
Resta il fatto che la disperazione di chi vive sotto i viadotti, nelle aiuole che fungono da mezzeria nelle strade o semplicemente ai bordi della via è sempre un pugno nello stomaco. Ogni singolo istante, anche il più intimo, si svolge sotto gli occhi dei passanti.
Una simile mancanza di confini mi disturba, così come mi disturba l’estremo disinteresse di molti indiani verso l’altro, l’ambiente e gli animali. Credo che non riuscirò mai ad abituarmi, sono costretta a distogliere lo sguardo per non scontrarmi con il vuoto di altri sguardi, quelli di coloro che non si aspettano più nulla, non so neppure se siano ancora capaci almeno di sognare una vita diversa. Sono consapevole della mia fortuna e al contempo imbarazzata da quella stessa fortuna, incapace di comprendere fino in fondo ciò che vedo e di accettarlo come ineluttabile.
Questo è probabilmente uno dei motivi per cui Delhi è una città da scoprire poco alla volta, lasciandosi affascinare dalle sue bellezze e dai suoi monumenti per dimenticarne la sporcizia, a tratti il fetore, l’estrema crudezza.
Sì perché, nonostante l’incessante rumore, il traffico e i mille problemi irrisolti, Delhi offre scorci di pura magia, come il Complesso di Qutab, prima destinazione di questa seconda giornata, accompagnati da una “guida” speciale, che, grazie ai suoi racconti, ci permetterà di capire meglio la mentalità degli abitanti, la complessità dell’odierna società indiana e i principi ispiratori del movimento guidato dal Mahatma Gandhi, di cui appena qualche mese dopo si sarebbero celebrati i 150 anni dalla nascita.

Il Complesso di Qutab, dal 1993 inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, sorge nel sito della “prima” Delhi musulmana e deve il nome al sovrano afghano Qutb ud-Din Aibak che volle la costruzione del suo monumento più famoso, quello che secondo l’opinione degli storici più accreditata costituisce un minareto che con i suoi oltre 72 metri svetta sull’intero parco.
La genesi dei cinque piani del minareto – in arenaria rossa, arenaria e marmo – che si affacciano in altrettante balconate, copre il periodo dal 1293 all’inizio del XIX secolo, con diverse ricostruzioni e rimaneggiamenti, testimoniando l’evoluzione dello stile architettonico nel passaggio dalla dinastia Aibak a quella Tughlak.
I fulmini, che a più riprese si sono abbattuti sulla struttura non sono riusciti ad abbatterlo, ma oggi non è più possibile salire all’interno, dopo che nel 1981 ne fu decisa la chiusura a seguito di un tragico evento che causò la morte di 45 persone.
Ma il minareto è solo la punta di diamante di questo complesso che grazie alle rovine immerse nel parco regala scatti bellissimi e una vera e propria immersione nell’architettura indo-islamica, insieme alla sensazione di poter lasciare, almeno per qualche ora, la frenesia al di fuori del cancello di ingresso.


Il tempo scorre e, dopo aver testato una sorta di mensa universitaria (dove il cibo è molto più buono di quanto non fosse, almeno nei miei ricordi, quello della mensa a Verona) ci dirigiamo verso la seconda tappa, un altro complesso monumentale, anch’esso Patrimonio dell’Unesco, che è la prima tomba-giardino del Subcontinente indiano e uno dei primi esempi compiuti di architettura Moghul (o Mughal).

Questo resterà, insieme ai Lodi Gardens uno dei miei luoghi del cuore a Delhi, dove grazie al numero ridotto di visitatori, alle dimensioni del giardino e all’atmosfera generale di un tranquillo, e un po’ sonnolento, pomeriggio estivo ho ricaricato le pile, preparandomi alla nottata sul treno in direzione Udaipur.
Il complesso, realizzato a partire dal 1562, ospita la tomba principale dell’imperatore Humayun, insieme ai cenotafi della moglie e di altri discendenti, e un giardino sviluppato secondo il modello persiano del Chahar bagh, un quadrilatero diviso in quattro parti da camminamenti pedonali e corsi d’acqua, a d imitazione dei quattro fiumi che scorrono nello Janna, il paradiso islamico.
La tomba è un pregevole equilibrio di contrasti, alla magnificenza dei decori esterni, realizzati spesso con la tecnica degli intarsi di marmo, si contrappone l’austerità degli interni, mentre alla simmetria degli elementi architettonici esterni controbatte la complessa planimetria del piano terreno, al rosso dell’arenaria risponde il bianco del marmo (purtroppo il blu delle piastrelle delle piccole canopie è andato perduto). Ci fermiamo ad ammirare le diverse prospettive e per continuare nel gioco di contrasti, ai sari tradizionali delle donne, autentiche macchie di colore, si oppone il bianco abbagliante dell’abito di una fashion blogger indiana.

Più raccolta, ma altrettanto affascinante, quasi una perla in un giardino cintato, è la tomba di Isa Khan Niyazi, datata 1547. Approfittiamo subito per fare una passeggiata sui camminamenti del muro di cinta, preludio in tono (molto molto) minore di quel che ci attenderà al Forte Kumbhalgarh.

Un’ultima pausa, all’ombra di grandi alberi e circondati da cani dagli occhi dolcissimi, per parlare dell’India di ieri e del futuro, delle riforme promesse e mai fino in fondo attuate, della necessità di ripensare la struttura sociale del Paese nell’ottica di una maggiore equità. Salutando la serenità del giardino ci dirigiamo verso la stazione di Nizamuddin da dove prenderà le mosse l’itinerario in Rajasthan.
“In carrozza, si parte!”…
Piè di pagina
– Complesso di Qutab
Ingresso: 500 rupie per gli stranieri, orari dichiarati dalle 7:00 alle 17:00, tutti i giorni.
Come arrivare: la fermata della metropolitana più vicina è Qutab Minar sulla Linea Gialla.
– Tomba di Humayun
Ingresso: 500 rupie per gli stranieri, orari dichiarati dall’alba al tramonto, tutti i giorni.
Come arrivare: la fermata della metropolitana più vicina è JLN Stadium sulla Linea Viola.
Guide: Lonely Planet Rajasthan, Delhi & Agra (in lingua inglese, ed. 2017)*; http://www.delhitourism.gov.in/delhitourism/aboutus/index.jsp.
Per scoprire la città*: 1) Delhi: tour privato di Qutb Minar, Vecchia e Nuova Delhi; 2) Tour personalizzato di 8 ore; 3) Tour della città con giro in risciò