
La storia

Una notizia destinata a conquistare le prime pagine dei giornali, anche stranieri.
La statua, era protetta da cornici in bronzo lavorate, e vicino alla testa riposavano due grandi ali, una sopra l’altra. E lo scudo e l’elmo che vediamo in alcune immagini d’archivio? Non sono mai stati ritrovati e quelle immagini sono il risultato di un’operazione di integrazione filologica compiuta alcuni anni dopo il ritrovamento.
Due giorni dopo iniziava il primo viaggio della Vittoria Alata, verso l’ex convento di San Domenico, tra notabili e popolo festante. Uno spostamento a cui ne sarebbero seguiti altri, alcuni entro i confini provinciali altri ben più lontani, come quello a Roma durante la Prima Guerra Mondiale, e il più recente a Firenze.
Il restauro

Si è poi passati a una graduale e articolata pulitura delle superfici bronzee, alternando metodi chimici, meccanici, fotoablazione laser e sabbiatura criogenica. Un’operazione che ha restituito molti dettagli che erano andati perduti nel corso del tempo, come per il panneggio dell’abito e le ali, mai così ingannevolmente “morbide”, piumate.
Particolare attenzione è stata dedicata anche alla progettazione e realizzazione dello scheletro invisibile che sostiene braccia e ali e del basamento antisismico, così come agli aspetti della conservazione preventiva con impianti tecnici all’avanguardia, installati nella nuova sede, dovrebbero garantire una lunga vita all’opera realizzata con la tecnica della fusione a cera persa in diverse parti distinte poi saldate.
Il nuovo allestimento

Lo dimostra la scelta dei materiali di mura e pavimento, così come la forma del basamento cilindrico su cui poggia la statua, in marmo di Botticino che richiama i fusti delle colonne.
Va però notato, dicono le guide, come siano stati introdotti “elementi di evidente discontinuità con lo spirito neoclassico che aveva animato la ricostruzione ottocentesca” con la rottura della simmetria – la Vittoria è collocata sulla diagonale, l’introduzione della lampada-luna, che Baldeweg ha scelto come oggetto portatore di un messaggio poetico prima che per la sua caratteristica funzionale e l’esposizione delle cornici in bronzo.
E soprattutto su queste ultime due scelte non sono mancati pareri discordanti. Personalmente il nuovo allestimento non mi entusiasma, soprattutto nella parte superiore. Capisco sicuramente la necessità di dotare la sala di tutta le tecnologia necessaria a preservare la statua, ma penso che si sarebbe potuta celare meglio. Questa considerazione, tuttavia, nulla toglie alla bellezza dell’opera e del Parco Archeologico di Brescia romana che la ospita.
A breve, sulle pagine del blog, torneremo a parlare della Vittoria Alata come musa contemporanea e di una mostra da non mancare, quindi chiudiamo con un arrivederci a presto.
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Dove: Brixia. Parco Archeologico di Brescia romana, via Musei 55
Come: per informazioni su biglietti e prenotazioni consultare il portale di Brescia Musei
Per approfondire: Il restauro dei grandi bronzi archeologici. Laboratorio aperto per la Vittoria Alata di Brescia, ed. EIFIR*; Marco Roncalli, Vittoria d’autore. Gli scrittori e la dea alata*; Juan Navarro Baldeweg. Architettura, pittura, scultura. Ediz. Illustrata* .
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