“Welcome to the (urban) jungle” questo potrebbe essere il sottotitolo della mostra Urban Animals – una giungla coloratissima, pop, surreale e giocosa, mai banale, quella immaginata e realizzata da Max Bi, quasi una serie di graffiti su tela di grandi dimensioni che potrebbe tranquillamente trovare spazio sui muri della nostra città…”
Così scrivevo sul blog il 12 giugno 2020 in occasione della personale di Max Bi ospitata nello spazio virtuale della galleria Colossi, oggi quindi potrei esordire dicendo “Welcome again to the (urban) jungle”.

Ancora una volta, nelle opere esposte, che si inseriscono in una fase del suo percorso che l’artista definisce post-street, il grande assente è l’essere umano, sostituito da animali che si sono urbanizzati e a tratti umanizzati, restando però capaci (forse proprio perché sono spariti uomini e donne) di convivere nei medesimi spazi, di condividere i medesimi luoghi superando i classici stereotipi del “gatto che caccia il topo”.
I piani di lettura sono diversi, molteplici, complessi, tanto quanto sono articolati lo sguardo dell’artista sulla società e le modalità con cui coniuga i suoi linguaggi espressivi.
Prevalgono, anche nelle opere di dimensioni più contenute rispetto a quelle a cui ci ha recentemente abituato, i colori accesi, le pennellate decise, la stratificazione dei segni, le atmosfere pop e una sottile ironia, spesso tutta da decifrare, con cui Max Bi risponde agli stimoli del mondo che lo circonda, incorporandoli nei suoi quadri.
Così come restano da decifrare le diverse scritte, solo all’apparenza casuali e insignificanti che compaiono a più riprese e che sono espressione in lettere delle sensazioni dell’artista, non immediatamente intelligibili, anzi spesso criptiche perché non si conosce il diagramma, la chiave per decifrarle. Un’evoluzione, insomma, delle crittografie con cui Max Bi si è a lungo cimentato.

Dicevamo dell’esplosione di colori, sicuramente il primo aspetto che colpisce il pubblico e che rende le opere di Max Bi decisamente riconoscibili, ma guardando più attentamente potremo riconoscere alcuni altri elementi ricorrenti, da un lato le sbarre e dall’altro palme, macchinine e pesciolini.
Le prime, per cui mi sono spesso chiesta se servano più a trattenere all’interno che a tenere fuori, rappresentano una sorta di prosecuzione del percorso artistico di Max Bi, dalle grate che imprigionavano i suoi personaggi dei fumetti, relegandoli in secondo piano, nel ciclo di tele realizzate nel biennio 2017-2018, alla loro evoluzione in 3D, le sbarre ritorte, create con un processo di piegatura a caldo del ferro.
I secondi sono un tocco altrettanto personale, ma forse più intimo, perché rimandano direttamente all’infanzia dell’artista, ai suoi primi disegni, a quei soggetti che ritornavano, più e più volte, sui fogli di carta, proprio come oggi ritornano più e più volte, quasi come una firma, nei suoi quadri.
Una mostra quella in Corsia del Gambero ricca di suggestioni da cui si esce con gli occhi colmi di meraviglia e, mi raccomando, se avrete il piacere di incontrare Max Bi (e non solo il suo autoritratto) chiedetegli di spiegarvi il significato delle tre capre “francesi”. Vi conquisterà, da grande narratore qual è, non solo con il pennello.

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Dove: Colossi Arte Contemporanea, Corsia del Gambero 12/13
Quando: fino al 13 novembre, negli orari di apertura della galleria
Come: ingresso libero