Mostra – MAX BI e la sua giungla tornano in mostra da Colossi Arte Contemporanea

“Welcome to the (urban) jungle” questo potrebbe essere il sottotitolo della mostra Urban Animals – una giungla coloratissima, pop, surreale e giocosa, mai banale, quella immaginata e realizzata da Max Bi, quasi una serie di graffiti su tela di grandi dimensioni che potrebbe tranquillamente trovare spazio sui muri della nostra città…”

Così scrivevo sul blog il 12 giugno 2020 in occasione della personale di Max Bi ospitata nello spazio virtuale della galleria Colossi, oggi quindi potrei esordire dicendo “Welcome again to the (urban) jungle”.

Nobless a cat (2020)

Ancora una volta, nelle opere esposte, che si inseriscono in una fase del suo percorso che l’artista definisce post-street, il grande assente è l’essere umano, sostituito da animali che si sono urbanizzati e a tratti umanizzati, restando però capaci (forse proprio perché sono spariti uomini e donne) di convivere nei medesimi spazi, di condividere i medesimi luoghi superando i classici stereotipi del “gatto che caccia il topo”.
I piani di lettura sono diversi, molteplici, complessi, tanto quanto sono articolati lo sguardo dell’artista sulla società e le modalità con cui coniuga i suoi linguaggi espressivi.

Prevalgono, anche nelle opere di dimensioni più contenute rispetto a quelle a cui ci ha recentemente abituato, i colori accesi, le pennellate decise, la stratificazione dei segni, le atmosfere pop e una sottile ironia, spesso tutta da decifrare, con cui Max Bi risponde agli stimoli del mondo che lo circonda, incorporandoli nei suoi quadri.
Così come restano da decifrare le diverse scritte, solo all’apparenza casuali e insignificanti che compaiono a più riprese e che sono espressione in lettere delle sensazioni dell’artista, non immediatamente intelligibili, anzi spesso criptiche perché non si conosce il diagramma, la chiave per decifrarle. Un’evoluzione, insomma, delle crittografie con cui Max Bi si è a lungo cimentato.

Giraffe’s Mumy (2019)

Dicevamo dell’esplosione di colori, sicuramente il primo aspetto che colpisce il pubblico e che rende le opere di Max Bi decisamente riconoscibili, ma guardando più attentamente potremo riconoscere alcuni altri elementi ricorrenti, da un lato le sbarre e dall’altro palme, macchinine e pesciolini.
Le prime, per cui mi sono spesso chiesta se servano più a trattenere all’interno che a tenere fuori, rappresentano una sorta di prosecuzione del percorso artistico di Max Bi, dalle grate che imprigionavano i suoi personaggi dei fumetti, relegandoli in secondo piano, nel ciclo di tele realizzate nel biennio 2017-2018, alla loro evoluzione in 3D, le sbarre ritorte, create con un processo di piegatura a caldo del ferro.
I secondi sono un tocco altrettanto personale, ma forse più intimo, perché rimandano direttamente all’infanzia dell’artista, ai suoi primi disegni, a quei soggetti che ritornavano, più e più volte, sui fogli di carta, proprio come oggi ritornano più e più volte, quasi come una firma, nei suoi quadri.

Una mostra quella in Corsia del Gambero ricca di suggestioni da cui si esce con gli occhi colmi di meraviglia e, mi raccomando, se avrete il piacere di incontrare Max Bi (e non solo il suo autoritratto) chiedetegli di spiegarvi il significato delle tre capre “francesi”. Vi conquisterà, da grande narratore qual è, non solo con il pennello.

Autoritratto (2019)

Piè di pagina
Dove: Colossi Arte Contemporanea, Corsia del Gambero 12/13
Quando: fino al 13 novembre, negli orari di apertura della galleria
Come: ingresso libero

Christian Floquet e il suo “coup d’œil”

Conosco Christian Floquet in tante diverse vesti. La prima è sicuramente come traduttore da molti anni, la seconda, ormai da qualche anno, come collega all’università, la terza, senz’altro più recente, come fotografo. In occasione della sua personale allo Spazio RT gli ho chiesto di sedersi con me e di rispondere a qualche curiosità sulla sua passione, su come nascono i suoi scatti, sulle “assenze” che popolano questa mostra.

D. Nella tua conversazione con Elisabetta Longari, curatrice della tua mostra Coup d’œil che apre i battenti a Milano, racconti delle prime foto che hai scattato a Parigi, ancora bambino, poi di quelle in Africa e ancora in giro per il mondo. All’inizio, mi sembra di capire, ti concentravi soprattutto sui paesaggi, le tue, insomma, erano delle “foto di viaggio”. Quando, se c’è stato un momento preciso, e perché hai deciso di fissare il tuo sguardo e l’obiettivo sui particolari architettonici, urbanistici forse più che urbani, togliendo quasi ogni sfondo, privando, in un certo senso gli edifici e le strutture del loro contesto più ampio, di una loro specifica collocazione che permettesse al pubblico, se vogliamo, di riconoscerne l’indirizzo.

A Parigi nella seconda metà degli anni Ottanta. La città era tutto un cantiere di grandi opere durante la presidenza di François Mitterrand; tanto per citarne tre: la Grande Arche de la Défense, il Musée d’Orsay e la Pyramide du Louvre. Sempre a metà degli anni Ottanta sono tornato a Buenos Aires e ho visto una città in piena evoluzione dal punto di vista architettonico e anche lì devo dire che mi sono molto divertito a fotografare le architetture.
In quanto al perché della scelta dei particolari forse la voglia di approfondire, la ricerca del dettaglio che sfugge all’osservatore distratto. O anche perché la foto del monumento celebre la fanno tutti e la trovo in cartolina, probabilmente più bella di quella che farei io, ma la foto del dettaglio di quel monumento saremo in pochi a farla, penso.

D: Vista la tua passione per l’andare a zonzo (traduzione, che non mi ha mai completamente convinto, dell’atteggiamento del flâneur baudleriano) con la macchina fotografica a portata di mano, mi chiedo quanta preparazione, quante ore di studio a tavolino si nascondano dietro gli scatti. Oppure se si tratti davvero, come lascerebbe intendere il titolo della mostra, di immagini che riflettono un colpo d’occhio in un certo senso imprevisto, casuale, che fissano un istante senza, diciamo, alcun tipo di premeditazione.

Se premeditazione c’è, a volte, è soltanto sul luogo dove andare a fare le fotografie. Poi una volta lì cerco, guardo, osservo e poi se c’è il coup d’œil allora scatta anche il pulsante della macchina fotografica.

D. In ogni fotografia c’è poco o tanto di chi l’ha scattata. Cosa dice di te la scelta, immagino molto ponderata, comunque insistita, di eliminare la presenza fisica dell’essere umano (tutt’al più ripreso a sua volta mentre scatta) quando i soggetti sono proprio opere che rappresentano il frutto di questa presenza umana sulla terra?

Credo che dica che sono timido (sto migliorando però) e discreto, quindi non mi va di impormi agli altri con la presenza, spesso ingombrante, della mia macchina fotografica. Se guardiamo le poche foto nelle quali ci sono delle persone, queste sono ritratte di profilo mentre sono intente a fare altro, o di spalle, mentre si allontanano. Però ogni tanto qualche ritratto lo faccio e mi dicono che sono belli.

D. Continuando a parlare di assenza, mi incuriosisce il fatto che le fotografie non abbiano un titolo che le renda maggiormente distinguibili.

È una scelta fatta con Elisabetta Longari, ma mi sono ispirato anche a tanti grandi fotografi che spesso non danno un titolo alle fotografie, ma citano solo il luogo e l’anno.
Nel 2019, in un incontro intitolato “Fotografia e traduzione”, a cura di Franca Cavagnoli, anche Ferdinando Scianna aveva detto che dare un titolo a una fotografia è inutile. Qualche volta do un sottotitolo. Penso che continuerò a non dar loro dei titoli.

D. Come ultima domanda pensavo di chiederti quale scatto, se dovessi ripeterlo, realizzeresti in modo diverso e quale invece preferisci, ovviamente dopo averti rivelato il mio. Il problema è che non riesco a scegliere tre lo scampolo di cielo che si intravede nella foto del 2016 a Londra e la serie di colonne rosse a Milano che mi hanno ricordato l’infinita processione, in chiave meneghina, di tori del Fushimi Inari, tanto per tornare sul tema del viaggio. Ad ogni modo quali fotografie vuoi raccontarci?

Non mi piace ripetere uno scatto, anche perché non potrà mai essere uguale all’altro (la luce, le condizioni climatiche, il mio stato d’animo, non saranno mai gli stessi).
A proposito di non dare un titolo, di Londra 2016 ce ne sono tre! Ma ho capito a quale ti riferisci.

Non ho una foto preferita, sarebbe come chiedere a un padre qual è il figlio prediletto, tuttavia se dovessi indicarne un paio di quelle sul catalogo direi la famiglia nel tempio di Ryoan-ji a Kyoto perché è rara (appunto per la presenza umana); poi quella di Quino, il mio Labrador, in mezzo ai CD sparsi sul pavimento, perché nonostante sembri stata composta, è in realtà un’istantanea, appunto un coup d’œil; last but not least quella dell’immobile taggato a Milano perché più la guardo, più scopro dettagli, e anche per il gioco di luci e ombre, che fanno da contraltare ai tag.
Come vedi ho scelto tre foto in bianco e nero, e tutte e tre “contestualizzate”. Niente dettagli di architettura, niente colori.

Per scoprire tutti i 35 scatti, compreso quello di Quino, che ho appositamente scelto di non pubblicare, perché va visto di persona, avvicinandosi per guardarne il protagonista negli occhi, non mi resta che ricordare che la mostra resterà aperta fino al prossimo 6 novembre.

Piè di pagina
Dove: Milano, Spazio RT, Via Fatebenefratelli 34
Quando: fino al 6 novembre, da martedì a sabato dalle 9:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 19:00, il lunedì dalle 15:00 alle 19:00
Come: ingresso gratuito

Festival della Fotografia Etica 2021

Tanto bianco e nero, tanti scatti che vivono di contrasti.

Dodicesima edizione, e quarta per il collettivo indirezionenoncasuale, del Festival della Fotografia Etica di Lodi che ospita quest’anno 20 mostre e che porta i visitatori nei luoghi simbolo del festival, ma anche nei giardini pubblici e nei cortili.
Come di consueto accanto al festival si svolge FFE-OFF, un circuito che, come già accaduto in passato, ci ha regalato qualche sorpresa.
Ancora una volta ho scelto di raccontare le mille facce di questa manifestazione scegliendo i momenti, gli scatti, le mostre che più mi hanno che mi hanno stupito, affascinato, fatto riflettere, emozionato…

Due considerazioni iniziali.
La prima è che guardare le fotografie di Mattia Marzorati ne “La terra dei buchi”, progetto tra i vincitori dell’Open Call Reset 2021, categoria Call for Pictures, è stato particolarmente difficile.
Non perché ignorassi la situazione ambientale in cui versa la mia città, né perché io abbia scelto di filtrare la realtà che mi circonda, che vivo tramite l’aria che respiro, indossando degli occhiali rosa, ma perché gli scatti sono autentiche pietre, più delle mille parole che leggiamo sui giornali, mostrano le ferite del territorio, lasciano intravedere il futuro di una città che molto ha sacrificato sull’altare della cosiddetta crescita economica.
La seconda è che, nel complesso, questa edizione non mi ha entusiasmato, non ho trovato quell’effetto “wow” che, in un certo senso, ormai mi aspettavo e non ho completamente compreso, né condiviso, la scelta di premiare lo stesso fotografo nelle categorie Master e Short Story del World Report Award, così come non mi ha convinto la fotografia vincitrice della sezione Single Shot, uno scatto senz’altro tenero, ma direi “già visto”, non particolarmente originale per tema o composizione.

Sicuramente uno dei reportage che più mi ha colpito è The new name of death realizzato da Farshid Tighehsaz e che, penso, avrebbe meritato il primo posto nella categoria Master per la poesia e lo sguardo con cui racconta la pandemia in Iran, riuscendo a trasmettere in modo convincente, quasi fisico, il senso di perdita, di incertezza e di isolamento, grazie a “un’esplorazione profonda di quegli aspetti della realtà che sono completamente scomparsi nella cronaca giornalistica”.
Piccole storie quotidiane narrate in bianco e nero, attraverso gli sguardi, i gesti, una sensazione di assenza palpabile per degli scatti che fanno riflettere e che si concentrano su un paese di cui si parla troppo spesso solo in termini della sua situazione politica.

Torna Jasper Doest che dopo essere stato protagonista nel 2020 con il suo Flamingo Bob in cui raccontava le avventure del fenicottero Bob, il pennuto divenuto simbolo di un ente benefico per la conservazione della fauna selvatica sull’isola di Curaçao, passa a un soggetto, sempre alato, probabilmente molto meno nobile, almeno nell’immaginario collettivo, del suo illustre predecessore, il piccione.
Ancora una volta il fotografo si rivela maestro dello storytelling, miscelando diversi linguaggi narrativi per far vivere al pubblico una storia d’amore inconsueta all’epoca della pandemia, tra la sua famiglia e una coppia di piccioni selvatici – che poi forse così selvatici non sono.
La doverosa premessa è che uno dei componenti del collettivo ha un autentico terrore di colombi e piccioni, così come dei pavoni e delle galline, quindi l’impatto iniziale è stato qualcosa del tipo “Non posso guardarle queste foto”, ma il talento di Doest e la sua immancabile ironia sono riusciti a rendere l’esperienza assolutamente piacevole.

Per il secondo anno consecutivo, sulle pagine di questo blog, una menzione speciale spetta all’intera sezione “Uno sguardo sul nuovo mondo” che racconta i molteplici aspetti della storia recente, in giro per il mondo, attraverso gli occhi e le lenti di diversi fotografi di AFP (Agence France Presse), “un’area espositiva per conoscere la realtà, per comprenderla e cambiarla” nelle intenzioni degli organizzatori.
Fotografie per riflettere, fotografie per non dimenticare.
In questa edizione si passa dalla democrazia in bilico negli Stati Uniti (con alcune delle immagini che credo abbiano portato un’America diversa nelle nostre case) alla Siria, piagata da 10 anni di conflitto armato. Alcuni degli scatti di questa sezione, realizzati da fotografi inizialmente non professionisti, fanno emergere tutto il contrasto di un’esistenza sempre sospesa tra paura e voglia di normalità.

E proprio il contrasto, la giustapposizione tra ordinario e straordinario, sembra essere una delle chiavi di lettura di questo festival.
Alcune delle immagini che mi hanno più colpito sono proprio il frutto di due universi che collidono, una ragazza che festeggia la sua quinceañera tutta agghindata di fronte al muro tra Stati Uniti e Messico, una foto di una foto in cui il passato con le sue bellezze architettoniche è andato perduto per sempre, un giovane su un hoverboard di fronte allo scheletro di un edificio, in stato di abbandono, un paio di scarpette rosse luccicanti abbandonate nel delta dell’Arkansas probabilmente da una Dorothy che non vedeva l’ora di fuggire da un luogo senza più futuro.

Per finire del circuito OFF ho apprezzato particolarmente la mostra di Stefano Fristachi, che rilegge la comunicazione pubblicitaria tradizionale, fatta di manifesti incollati per le strade, a fronte dello scorrere del tempo.
Nella nostra nuova realtà “digitale” progressivamente i cartelloni hanno perso di rilevanza, lasciando solo tracce, residui, frammenti di carta strappati. Un punto di vista interessante per una serie di scatti in cui è la decadenza a essere protagonista.

Piè di pagina
Dove: Lodi, sedi varie
Quando: il fine settimana fino al 24 ottobre, dalle 9.30 alle 20. Tutte le mostre esterne sono prive di illuminazione artificiale.
Come: biglietto intero 15 euro (+ 1 euro di commissione) acquistabile online. Ogni weekend sarà comunque possibile acquistare il biglietto anche in biglietteria al costo di 19€.

Vivere Brescia #25

Siamo arrivati anche a ottobre, il tempo non è dei migliori, ma questa settimana puntiamo i riflettori su una iniziativa parzialmente all’aria aperta, una passeggiata alternativa, un percorso alla scoperta degli studi d’artista a Brescia. Non manca neppure un ritorno in uno spazio tutto dedicato alla fotografia e una visita in quello che potrebbe diventare un nuovo modello di pinacoteca e che ci ha fatto molto riflettere.

Siete pronti? Partiamo.

Dal  8/10/2021 al 14/10/2021

***

1) Oggi sposi. Finché morte non ci separi

I percorsi della fotografia di matrimonio a cura di Renato Corsini portano i visitatori letteralmente a spasso nel tempo, oltre che nello spazio, proponendo un’interessante carrellata di immagini “di genere”. Dai ritratti posati, con la loro rigorosa codificazione, alle cerimonie nunziali dei vip, sulle pareti del Macof ripercorriamo una parte della storia del costume italiano.    

A noi è piaciuta perché è una mostra che, onestamente, ci ha divertito, ci ha regalato momenti di leggerezza e, perché no, un’immersione nei bei tempi andati, con una punta di gossip. E sfidiamo tutti a non restare a bocca aperta davanti all’ultima sezione, immaginando la provenienza geografica dei singoli scatti.  

Categoria: Fotografia
Dove: Ma.Co.f., Via Moretto 78
Cosa: mostra temporanea
Quando: fino al 7 novembre 2021, dal martedì alla domenica dalle 15.00 alle 19.00
Come: ingresso libero

***

2) Caminòm Project

Camminiamo, ma anche, come ci ricordano gli organizzatori per assonanza comin’ home, torniamo a essere ospiti, delle case, o meglio degli studi, degli artisti bresciani coinvolti nell’iniziativa.

Il ritorno a “Vivere Brescia” passa anche dalla riappropriazione degli spazi cittadini, dalla possibilità di avvicinarsi e toccare con mano (metaforicamente ovviamente) le varie fasi di lavori creativi dagli esiti così diversi proprio nei luoghi in cui questi processi si sviluppano.

Caminòm Project è quasi una caccia al tesoro, dove ognuno può scegliere la propria strada (con l’aiuto della mappa gialla!), quindi l’appuntamento è al LumiBar. Come ci riconosceremo in giro per la città? Semplice, saremmo quelli con il braccialetto personalizzato…

A noi interessa perché è un’occasione per soddisfare tante curiosità, per confrontarsi con gli artisti senza mediazioni di sorta, neppure quelle di uno spazio “terzo” come le gallerie d’arte. E poi, lo ammettiamo, visitare lo studio di Fabio Bix è un po’ un sogno che si avvera.

Categoria: Arte
Dove: sedi varie, partenza dal LumiBar, in via Porta Pile 9H
Cosa: percorso alla scoperta degli studi d’artista
Quando: venerdì 8 e sabato 9 ottobre dalle 18 alle 24
Come: ingresso libero

***

3) Columns in 10 Colors, Peter Halley per Art drive-In

Il percorso sotterraneo d’arte contemporanea a cura dell’Associazione Bellearti si arricchisce di una nuova opera site-specific di Peter Halley che interessa i pilastri dell’autorimessa, in un gioco di colori che colpisce i visitatori, anche per le sue grandi dimensioni. Le sequenze colorate, geometriche, catturano lo sguardo, creano “movimento” pur nella loro assoluta staticità.

Nel complesso siamo perplessi, non tanto per l’installazione, che sicuramente ben si inserisce nello spazio e nel percorso composto dalle altre opere esposte, ma per la modalità di fruizione. L’idea che la mostra sia visitabile “senza scendere dalla propria macchina”, su cui insistono i curatori e la stampa non ci convince appieno, cozza con le nostre modalità di approccio all’esperienza espositiva. Certo, si tratta di un museo non convenzionale, è chiaro sin dalla sua collocazione, ma non ci auguriamo proprio che questo sia il modello di pinacoteca del futuro. Per noi il museo resta un luogo in cui muoverci a passo d’uomo, senza mezzi e senza rumore (e anche senza gas di scarico).

Categoria: Arte
Dove: Garage di Generali Assicurazioni, Agenzia di Brescia Castello, via Pusterla 45
Cosa: mostra temporanea
Quando: fino al 31 ottobre, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13 e dalle 14.30 alle 17.30, sabato e domenica dalle 15 alle 20
Come: ingresso libero

 

ImageNation Milan, The New Aesthetics

Dopo Parigi, Arles, Venezia e Los Angeles, ImageNation arriva (finalmente) a Milano negli spazi della galleria della Fondazione Luciana Matalon.
A cura di Martin Vegas, la mostra, suddivisa in diverse aree tematiche, presenta le opere di circa 150 artisti, provenienti da 35 paesi del mondo con i loro sguardi sulla “nuova estetica” che dà il titolo a questa edizione di una rassegna nata nel 2013 e che, nelle sue intenzioni dichiarate, “mira a identificare lavori di alta qualità di nuove voci della fotografia contemporanea. Lo scopo è quello di collegare la comunità fotografica e il suo pubblico con le opere più stimolanti”.

Tutti i fotografi presentati sono stati invitati a mostrare il loro lavoro perché hanno la capacità di vedere l’insolito nel quotidiano e di catturare il momento. O perché la loro creatività può ispirare sia visivamente che a livello emotivo” spiega ancora il curatore. Un obiettivo sicuramente ambizioso che, lo diciamo subito, non crediamo sia stato completamente raggiunto nel capoluogo lombardo.

Con questo non vogliamo affatto dire che la mostra non valga una visita, anzi.
Generalizzando ciò che riteniamo sia mancato è l’elemento del “nuovo”, la capacità di catturare l’attenzione dei visitatori e di trattenerla più di qualche secondo, di smuovere il pubblico a un livello più profondo di quello del mero piacere per gli occhi, di raccontare storie per immagini e che vadano al di là delle immagini stesse, al di là delle banali provocazioni e dei corpi esibiti.
Proprio questo elemento di novità, richiamato tanto nel titolo della mostra che in quello di una delle sezioni, è l’aspetto che ci aspettavamo emergesse con maggiore evidenza e che, di contro, sembra essere stato diluito da quella sensazione di “già visto” che abbiamo provato davanti a un buon numero di fotografie, sicuramente meritevoli da un punto di vista tecnico ma che ci hanno trasmesso poco.
Della sezione Femme et fatale, in particolare, non ci è rimasto nulla, se non l’impressione che dietro a titolo accattivanti o particolarmente intriganti non vi fosse altrettanta sostanza.

Lasciando il piano delle generalizzazioni, i motivi per non mancare questo appuntamento sono diversi.
Il primo è per scoprire in che direzione si muovono i giovani fotografi. Si può discutere della o delle direzioni, si possono apprezzare o meno i risultati, ma resta comunque interessante aprirsi a diverse realtà e dimensioni nella speranza, come è successo a noi, di scoprire nuovi artisti da seguire.
Tra gli scatti che ci hanno particolarmente colpito per la composizione o l’atmosfera, per la loro capacità evocativa, per quel loro saper suscitare curiosità, voglia, in sostanza, di lasciare correre l’immaginazione, citiamo senz’altro il notturno, quasi rarefatto di Fang Tong

Fang Tong, On a hot summer day

e il Lucifer di Federico Ferro, quasi irreale nella sua bellezza di angelo caduto, ben lontano dalla mostruosità della caratterizzazione medievale, con uno sguardo, una tensione verso l’infinito che mi ha ricordato alcune rappresentazioni meno classiche e le illustrazioni dei versi di Milton.

Federico Ferro, Lucifer

Tra gli altri nomi da segnare e seguire Kao Saephan e Paulo Abreu, Anja Djabaté e Jumbo Tsui per i loro ritratti e J. Jason Chambers che racconta le notti di un’America iconica e al contempo quasi desolata, nonostante le sue mille luci.

Il secondo motivo per cui visitare ImageNation è senz’altro la mostra nella mostra, A new visual activism, a cura di Inside-Out Art Gallery che presenta le opere del belga Patrick Van der Elst e della britannica Vicky Martin.
Un’autentica sorpresa, una sala da cui si esce con la voglia di rientrare, così come di scoprire gli interi cicli a cui appartengono gli scatti selezionati.
Secondo il gallerista le immagini possono cambiare la nostra visione del mondo. Dietro ai colori brillanti si celano dei messaggi profondi e gli artisti che sceglie di rappresentare propongono una visione non scontata della società multiforme e in continua evoluzione in cui viviamo. E questo “attivismo visivo”, che accomuna la galleria e i suoi artisti, emerge sicuramente dalle scelte, dai temi e dalle fotografie sulle pareti. Inutile dirlo, speriamo che Inside-Out Art Gallery torni presto a esporre in Italia.

Di Van der Elst scegliamo questo scatto, assolutamente attuale, eppure profetico in modo disturbante visto che è stato realizzato nel 2015.

Patrick Van der Elst, Vanity

Mentre di Vicky Martin abbiamo apprezzato tutti i lavori esposti, per la loro capacità di raccontare storie arcinote in modo originale, cambiando il punto di vista con un guizzo, spostando l’obiettivo dall’estetica al significato, al sottotesto.
Donne forti, quelle ritratte dalla fotografa, che sfidano gli stereotipi in cui la società e la tradizione le hanno imbrigliate, senza timore di lasciare intravedere la loro vulnerabilità.
I personaggi sono multidimensionali, fissati in momenti e ambienti in cui i confini tra fantasia e realtà, verità e finzione si stemperano.

Vicky Martin, Though the looking glass

Vicky Martin, Red

Piè di pagina
Dove: Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67, Milano
Quando: fino al 30 settembre, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19
Come: ingresso gratuito

Palcoscenici Archeologici. Interventi curatoriali di Francesco Vezzoli a Brescia

Nell’attesa di vedere quale sarà il progetto con cui, dal prossimo 2 ottobre, sarà il primo artista italiano vivente a realizzare un’opera site-specific in Piazza della Signoria a Firenze, Francesco Vezzoli è tornato a Brescia, città in cui è nato, nella doppia veste di artista e curatore con otto opere installate nel Parco Archeologico di Brescia Romana e nel complesso di Santa Giulia, dalla terrazza alle celle del Capitolium, al Teatro Romano, fino alla Basilica di San Salvatore e alla Domus dell’Ortaglia.
Un autentico percorso in cui ogni tappa è studiata per creare un dialogo tra una scultura e le vestigia romane e longobarde della città, con il chiaro intento di rileggere, reinterpretare il patrimonio storico alla luce della contemporaneità.
Una sorta di viaggio attraverso la storia e l’architettura, vincitore del banco dell’Italian Council, programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, per “la grande qualità ideativa e per la capacità di far risuonare l’arte contemporanea con l’archeologia e l’arte antica, in maniera coerente e armoniosa”.

Le opere esposte rappresentano un condensato degli elementi che caratterizzano la produzione artistica di Vezzoli, dalle citazioni e rivisitazioni della classicità, dalle contaminazioni e stratificazioni alle allusioni agli artisti più amati (De Chirico in primis), dal tropo della lacrima, ormai sua firma iconica, ai tocchi glamour, sino all’ironia e alla critica sociale.

Il cammino dei visitatori non può che cominciare dalla Nike Metafisica, scultura in cemento, polvere di marmo e bronzo, che resterà nella collezione civica bresciana, posta quasi a guardia del Parco Archeologico e, soprattutto, della cella che custodisce la sua “sorella più antica”.
Un omaggio alla Nike di Samotracia, esposta nelle sale del Louvre, e alle celeberrime teste da manichino di De Chirico che si staglia sullo splendido sfondo delle colonne del Tempio Capitolino con l’ambiente circostante che diviene non solo scenario, ma co-protagonista dell’opera. Il mutare della luce e delle condizioni meteorologiche donano riflessi diversi al bronzo, contribuiscono al racconto di nuove storie.

Oltre alle opere, colpisce l’allestimento, curato da Filippo Bisagni che valorizza le sculture creando al contempo un gioco di rimandi cromatici e di forme con gli spazi che le ospitano.
Lo si nota in particolare quando si arriva a Santa Giulia, nella Domus dell’Ortaglia dove si incontra un corpo bronzeo della celebre Venere di Willendorf, una Kim Kardashian ante litteram secondo Vezzoli, posta su un plito cilindrico che sembra integrarsi perfettamente con il mosaico a scacchiera o ancora nella sezione romana del museo, che ospita uno dei due inediti in mostra, La colonne avec fin.

Dalla romanità ai longobardi il passo, almeno qui, è breve, e il visitatore si ritrova in quell’autentica meraviglia che è la Basilica di San Salvatore, più precisamente nella Cappella di Sant’Obizio.
E qui alla meraviglia per noi si è sommata altra meraviglia, quando, inaspettata nella sua collocazione, ci è apparsa la scultura C-CUT Homo ab homine natus.

Cemento e bronzo, una testa in marmo originale dell’epoca romana, gesso alabastrino, tempera ad uovo e cera microcristallina si uniscono nell’ennesima stratificazione, creando un’opera sorprendente, che pare prendere vita, grazie alla sua base rotante, sotto gli occhi del pubblico che assiste a un “parto”, a un uomo che nasce da un uomo, con un richiamo narrativo e metaforico all’antichità, ma anche probabilmente ad artisti più moderni.
Una stratificazione che rispecchia quella della struttura originaria con cui, ancora una volta, l’artista riesce a creare un legame dialogico, una conversazione che travalica i limiti temporali.

Uscendo dalla mostra ci si ritrova stupiti, come al risveglio in un luogo nuovo e al contempo noto, nel cuore della città.

Una nota a margine: Per tutti coloro che oltre ai Palcoscenici Archeologici di Vezzoli vogliono scoprire Brescia, con i suoi segreti e le sue storie, con tutte le sue bellezze, i suoi protagonisti e i suoi simboli consigliamo di fare un giro sul sito di Guida Artistica – un gruppo di guide turistiche abilitate – che offre molteplici proposte interessanti, tra cui DIGHET DEL BU’? un’insolita passeggiata all’insegna dei proverbi locali.

Piè di pagina
Dove: Brixia. Parco archeologico di Brescia romana + Museo di Santa Giulia
Quando: fino al 9 gennaio 2022, tutti i giorni escluso il lunedì, dalle ore 10 alle ore 17.
Come: biglietto integrato intero 15 euro, ingresso gratuito con l’Abbonamento Musei Lombardia. Per informazioni sulle tipologie di biglietti e per le prenotazioni consultare il portale di Brescia Musei
Letture: Francesco Vezzoli. Ediz. Illustrata*; TV70 Francesco Vezzoli guarda la Rai. Ediz. italiana e inglese*; Casa Iolas. Citofonare Vezzoli. Catalogo della mostra*.

*indirezionenoncausale partecipa a programmi affiliati. Per gli acquisti fatti tramite i link indicati potrei ricevere una piccola commissione percentuale che non incide sul prezzo pagato.

Vivere Brescia #24

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare” scriveva Gabriele D’Annunzio, noi invece invitiamo tutti – green pass alla mano – a rimanere a Brescia, per approfittare delle numerose proposte della scena artistica cittadina.
Molte le novità, molti gli artisti che tornano a esporre, si spazia dalle arti figurative alla scultura, dalla fotografia alle installazioni video e sonore, con ampio spazio per i giovani.
E poi, diciamolo, la città in quelli che sono i primi sprazzi di autunno ha un fascino particolare.

Dal 18/09/2021 al 24/09/2021

***

1) Degree Show II
La mostra presenta le opere di 11 artisti provenienti da accademie di tutta Italia chiamati a inserire, diremmo quasi ad ambientare, le loro creazioni nelle belle sale di Palazzo Monti.
Linguaggi e stili diversi che invitano il pubblico a decifrare messaggi più o meno evidenti, visioni e sguardi sul paesaggio, sul presente, sulla realtà così come su mondi immaginari.

A noi è piaciuta perché è sempre interessante osservare le direzioni in cui si muove l’arte contemporanea attraverso gli occhi di diversi artisti, attraverso lo specchio della loro sensibilità, alla ricerca di quelli che, forse in futuro, popoleranno le pareti dei musei.
Se dovessimo scegliere un paio di opere, quelle che vorremmo “portare a casa” o che ci hanno più colpito, credo che punteremmo il dito su Il ratto di Olivia di Bruno Fantelli e Marimo di Marco Mastropieri, tra l’altro entrambi formatisi all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Il plus: la visita allo studio di Vickie Vainionpää, artista attualmente in residenza, che trasferisce sulla tela le forme digitali curvilinee create in grafica 3D grazie a una sorta di processo di “trascrizione”.

Categoria: Arte
Dove: Palazzo Monti, Piazza Tebaldo Brusato 22
Cosa: mostra temporanea
Quando: fino al 29 settembre 2021, per gli orari di apertura consultare il sito web o
Come: ingresso libero

***

2) LYS, “We are all fashion victims”
Torna la smart art di LYS, questa volta negli spazi di BunkerVik.
La moda scende nel sottosuolo con le opere di un artista che riesce a coniugare modernità e tradizione, elementi classici e cultura pop, con uno sguardo critico sulla società che ci circonda ma capace al contempo di strappare un sorriso.

A noi interessa perché gli scatti di Lys sono multidimensionali, raccontano storie, non smettono mai di sorprendere per i loro dettagli, per quel tocco di inatteso che spinge, spesso, a ritornare sui propri passi, ad avvicinarsi, per scavare più a fondo, per andare oltre la superficie e le apparenze.

Categoria: Arte
Dove: BunkerVik – Il rifugio delle idee, Via Odorici 6/b
Quando: fino al 28 settembre 2021, dal martedì al venerdì dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Cosa: mostra temporanea
Pagina facebook: @bunkervik 
Come: Ingresso libero

***

3) Caterina Matricardi, “Opere”
Caterina Matricardi ritaglia e ci restituisce una traccia di quello che vediamo ma non guardiamo, di quello che sta lì, sotto i nostri occhi, ma non memorizziamo” scrive Renato Corsini nella sua presentazione di questa mostra, nuovo capitolo del progetto del Ma.Co.f. che porta il pubblico alla scoperta dei fotografi bresciani.
Una riflessione che coglie appieno lo spirito delle fotografie esposte, che propone una chiave di lettura profonda e, per restare in tema, forse non immediatamente apparente.

A noi è piaciuta per i giochi di luce e controluce, per l’equilibrio tra colore e non-colore, per gli accostamenti di diversi materiali, perché le fotografie sembrano davvero acquistare una nuova dimensione.

Categoria: Fotografia
Dove: Ma.Co.f., Via Moretto 78
Quando: fino al 10 ottobre 2021, dal martedì alla domenica dalle 15.00 alle 19.00
Cosa: mostra temporanea
Come: ingresso libero

***

4) Seiji Morimoto, “Eternal Moment”
Inaugura giovedì 23 settembre alle 19 la mostra composta da diverse opere audio-video e da una grande installazione sonora pensata appositamente per lo spazio dall’artista giapponese di nascita e tedesco d’adozione con “i suoni e le immagini delle diverse opere interagiscono e si sovrappongono, creando un unico paesaggio sonoro”.

A noi interessa perché è un progetto ricco di stimoli, in uno degli spazi espositivi che più amiamo in città, per la sua storia, per le sue caratteristiche architettoniche, per il suo essere una fucina di idee, sensazioni e suggestioni.
E poi come perdere la possibilità di vedere un lavoro ispirato a quell’organo a canne che una volta si trovava nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, poi rimosso e trasferito nel lontano 1812?

Categoria: Arte, musica
Dove: Carme – Centro Arti Multiculturali Etnosociale, Via delle Battaglie
Cosa: mostra temporanea
Quando: dal 23 settembre al 17 ottobre 2021, mercoledì – domenica 17.00 alle 21.00
Come: ingresso libero

Painting is back. Anni Ottanta, la pittura in Italia

“Cosa resterà di questi anni Ottanta…” si chiedeva un cantante e vedendo la mostra in corso alle Gallerie d’Italia a Milano possiamo dire che quanto meno resterà l’impressione di un grande fervore artistico, di un prepotente “ritorno” della pittura dopo un periodo dominato dalla performance e dalla videoarte, dalla ricerca concettuale.

Il bell’allestimento sfrutta appieno gli elementi architettonici e ciò che rimane degli arredi della ex Banca Commerciale Italiana per creare un percorso di grande fascino, che porta i visitatori a immergersi nella Transavanguardia.

La Transavanguardia italiana nasce, almeno secondo Achille Bonito Oliva a cui si deve la sua prima definizione nel lontano 1979 , come “una nuova tendenza ‘nomade che non rispetta nessun impegno definitivo’ in antagonismo con la ‘linea di lavoro oppressiva e masochista’ dell’Arte Povera” marcata da un un recupero della manualità e del figurativo, del corpo umano, così come del disegno e della pittura all’insegna dell’eclettismo stilistico.
E proprio questo eclettismo è la cifra della mostra curata da Luca Massimo Barbero che fa scorrere sotto gli occhi del pubblico opere tra loro diversissime, per temi e materiali, per stili e soggetti.
Sembra di essere tornati con lo spirito alla sezione “Aperto 80” della XXXIX Biennale di Venezia, organizzata proprio da Bonito Oliva che segnò in qualche modo l’ufficializzazione della corrente destinata, non senza qualche polemica, a conquistare anche la scena internazionale.

Il nucleo principale dell’esposizione è quello delle opere di Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, i cinque (magnifici) artisti che componevano il gruppo originario della Transavanguardia.

Sulle pareti assistiamo a un autentico trionfo della soggettività dell’artista, a una rielaborazione della tradizione artistica precedente, vicina e lontana, mediata dalla personale sensibilità di ciascuno degli autori. Non esiste un unico stile, quanto piuttosto un costante movimento tra territori stilistici diversi e non stupisce quindi che la critica abbia parlato di nomadismo culturale, di ibridazione, di trasversalità.
Le opere sono fortemente narrative, a cavallo tra realtà e simboli, all’insegna di una completa libertà espressiva, prevale un linguaggio poetico ed evocativo, senza però dimenticare una componente che potremmo definire nazionale, o addirittura regionale, che si oppone alla standardizzazione dell’arte a livello globale.
Si torna, insomma, per dirlo ancora con le parole di Bionito Oliva a “un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione”.

Enzo Cucchi, Le stimmate (1980), olio su tela

Uno degli aspetti più riusciti della mostra è che Painting is back non è solo Transavanguardia.
È, infatti, evidente la volontà di creare un rapporto dialettico con la poetica di artisti coevi ai Magnifici Cinque, come ad esempio Mario Schifano e Franco Angeli o ancora Mimmo Rotella, Emilio Tadini o Valerio Adami.

Valerio Adami, La casa più bella del mondo (1989), acrilico su lino

Così come è interessante il dialogo sulle pareti con altri artisti che segnano nel panorama italiano una posizione di dissidenza o vengono iscritti in altri gruppi, come Luigi Ontani che storicamente si vuole esponente dei Nuovi Nuovi e di cui ho particolarmente amato i lavori esposti.

Luigi Ontani, Pyramid of Sodoma (1985), olio su tavola

Apprezzabile anche la scelta di creare un gioco di rimandi nella sala dedicata a Enrico Baj di cui sono presentate alcune opere realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta, appartenenti alla collezione Intesa Sanpaolo, e il Muro delle idee, una tela di 19 metri del 1983 che riprende innovandole tecniche già utilizzate in precedenza per dare vita a una sorta di graffito.

Nel complesso, quindi, una mostra da visitare per sfatare il mito che gli anni ’80 si debbano ricordare solo per i Paninari e gli Yuppies, un diffuso disimpegno politico e culturale o come l’era dell’apparenza.

Piè di pagina
Dove: Gallerie d’Italia, Piazza della Scala 6, Milano.
Quando: fino al 3 ottobre 2021, tutti i giorni escluso il lunedì dalle 9.30 alle 19.30. Ultimo ingresso un’ora e mezza prima della chiusura.
Come: biglietto intero 10 euro, ingresso gratuito con l’Abbonamento Musei Lombardia. Con il biglietto della mostra è possibile visitare anche la collezione permanente.
Per approfondire: La transavanguardia italiana. Ediz. Illustrata di Achille Bonito Oliva*; La critica a effetto: rileggendo «La trans-avanguardia italiana» ed. Quodlibet*.

* indirezionenoncausale partecipa a programmi affiliati. Per gli acquisti fatti tramite i link indicati potrei ricevere una piccola commissione percentuale che non incide sul prezzo pagato.

Vivere Brescia #23

Tante le occasioni anche questa settimana per Vivere Brescia e la sua scena artistica e per recuperare quello che non siamo ancora riusciti a vedere delle proposte che abbiamo selezionato nelle edizioni precedenti di questa nostra rubrica.
Ritorniamo anche (finalmente!) in uno spazio che ci ha regalato in passato emozioni e incontri e che è un po’ una fenice, con la sua storia di rinascita e cambio di destinazione, proveremo poi a perderci in un antico palazzo nobiliare (quanto meno tra le opere esposte) e per una volta usciremo dalle mura cittadine per tornare a teatro, insomma non proprio, ma quasi.

Dal 25/06/2021 al 1/07/2021

***

1) BETWEEN US: CANTIERE DELLE ARTI
Un cartellone variegato quello del festival che comprende arti visive, musica ed arti performative, “ideato con l’intento di creare occasioni di conoscenza e di confronto tra gli artisti, la popolazione e l’attività di CARME”. Una mostra collettiva, concerti e performance – i cui protagonisti saranno gli artisti dei territori di Brescia e Bergamo – incontri e workshop per parlare di arte

A noi interessa perché è un progetto multiforme, sicuramente ricco di stimoli, che vede la presenza di artisti e generi diversi in quello che immaginiamo come un vero e proprio cantiere legato al territorio, uno sguardo sul sistema dell’arte a tutto tondo.

Categoria: Arte, musica
Dove: Carme – Centro Arti Multiculturali Etnosociale, Via delle Battaglie 61/1
Cosa: mostra temporanea, spettacoli, incontri
Quando: fino al 4 luglio 2021, mercoledì – domenica 17.00 alle 21.00
Come: ingresso libero

***

2) Pazzo Palazzo 2.0
Ci siamo persi la prima edizione, ma intendiamo sicuramente recuperare. Un’opportunità per visitare Palazzo Monti in tutti i suoi angoli e per scoprire una serie di nuovi lavori, spaziando dall’arte tessile alle video installazioni, dalla pittura alla scultura.

A noi interessa perché questo “incubatore della creatività” ha già saputo stupirci e siamo curiosi di vedere cosa avrà in serbo stavolta. E poi gettare un’occhiata agli studi degli artisti in residenza è come un antipasto, anzi è un vero e proprio amouse-bouche

Categoria: Arte
Dove: Palazzo Monti, Piazza Tebaldo Brusato 22
Cosa: mostra temporanea
Quando: dal 26 giugno 2021, dal lunedì al venerdì nella fascia oraria 15:00-16:00, il sabato dalle 18:00 alle 19:00.
Come: ingresso libero

***

3) Sipario – si prega di accendere i telefoni, lo spettacolo sta per cominciare
Puegnago del Garda ospita uno degli appuntamenti del Brescia Photo Festival, con la personale di Nicola Bertellotti che nei suoi scatti “indaga l’abbandono e, metaforicamente, la fine imminente dei luoghi di cultura, spettacolo e aggregazione come teatri, cinema e spazi espositivi attualmente in disuso”.

A noi interessa perché la riflessione sull’abbandono dei luoghi mediata dall’obiettivo fotografico è un tema che ci affascina. E l’assenza, ancora più che la presenza, negli scatti spinge a interrogarsi sullo scorrere del tempo, sulla direzione, o meglio sulle direttrici, in cui si muove la nostra contemporeneità.

Categoria: Fotografia
Dove: Fondazione Vittorio Leonesio presso Villa Leonesio, Via Palazzi 15,
Puegnago del Garda, fraz. Mura
Cosa: mostra temporanea
Quando: fino al 26 settembre 2021, venerdì, sabato e domenica dalle 16.30 alle 20.00. Su prenotazione inviando un messaggio al 371 445 4196
Come: ingresso libero

Vivere Brescia #22

Come anticipavamo nell’edizione precedente, ci sono tante novità sulla scena artistica cittadina, in particolare Palcoscenici archeologici, che getta le basi per quel Corridoio Unesco, quel “nuovo decumano” come l’ha definito qualcuno, che permetterà di passeggiare nella storia, tra rovine romane e reliquie longobarde. Ce lo godremo anche in versione by night in occasione di un progetto teatrale del Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con Fondazione Brescia Musei.
Continua anche il Brescia Photo Festival, arricchendosi di nuove mostre, ma non dimentichiamo neppure ciò che si muove nelle gallerie, con in particolare una rassegna che abbiamo deciso di visitare solo dopo aver scoperto il titolo.
E se vi trovate a passare nei pressi del vigneto in castello sollevate gli occhi per un colpo d’occhio sull’installazione dell’artista camerunense Pascale Marthine Tayou, La Plage, di cui abbiamo letto tante interpretazioni, ma di cui dobbiamo ancora onestamente trovare il “nostro” significato.

Dal 18/06/2021 al 24/06/2021

***

1) Omaggio a Joseph Beuys
Altro appuntamento con il festival bresciano della fotografia.
Nelle sale di Spazio Contemporanea, si celebra quello che sarebbe stato il centesimo compleanno di Joseph Beuys, poliedrico artista concettuale, con gli scatti di Renato Corsini chiamato a documentare l’incontro tra Beuys appunto e il critico d’arte Pierre Restanye.

A noi interessa perché è un omaggio non scontato, con ritratti, sequenze fotografiche e scatti d’ambientazione in anteprima assoluta che mette in luce uno dei protagonisti che ha cambiato l’arte del XX secolo come disegnatore, scultore, insegnante, politico, attivista, artista di azioni e installazioni.

Categoria: Fotografia/Arte
Dove: Spazio Contemporanea, Corsetto Sant’Agata 22
Quando: fino al 31 luglio 2021, da giovedì a domenica dalle ore 15.00 alle 19.00
Cosa: mostra temporanea
Come: Ingresso libero

***

2) Nathalie Du Pasquier. Il treno per Brescia viaggia con 5 minuti di ritardo
Terza personale dell’artista di Bordeaux, ormai di casa a Milano. In mostra geometrie coloratissime, su tela e in forma di sculture, che spiccano negli splendidi spazi della Galleria Apalazzo.

A noi interessa perché non si può non essere incuriositi dal titolo e, ovviamente, per seguire la continua ricerca dell’artista tra bidimensionalità e tridimensionalità, tra tangibile e intangibile.

Categoria: Arte
Dove: Apalazzo Gallery, Piazza Tebaldo Brusato 35
Quando: fino al 15 luglio, negli orari di apertura della galleria
Cosa: mostra temporanea
Come: ingresso libero

***

3) Palcoscenici archeologici. Interventi curatoriali di Francesco Vezzoli
Un inedito progetto espositivo site-specific che ha partecipato e vinto il bando dell’Italian Council (7. Edizione, 2019), programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Otto sculture da ammirare partendo dal Parco Archeologico fino a Santa Giulia, tra richiami e rimandi che ogni visitatore sarà chiamato a decifrare.

A noi interessa perché il dialogo tra antico e contemporaneo è sempre particolarmente interessante e il percorso ci porterà ad attraversare quasi mille anni di storia dell’arte e dell’architettura.

Categoria: Scultura/Installazione
Dove: Brixia. Parco archeologico di Brescia romana, via Musei, 57
Museo di Santa Giulia, via Musei 81/b
Cosa: mostra temporanea
Quando: fino al 9 gennaio 2022, negli orari di apertura del polo museale
Come: ingresso a pagamento. È previsto un biglietto congiunto, ma è anche possibile acquistare gli ingressi per le singole sedi separatamente. Tutte le informazioni su https://www.bresciamusei.com/

***

4) Calma Musa Immortale
Finalmente si torna a teatro! Con uno spettacolo itinerante che dal Museo di Santa Giulia accompagna il pubblico attraverso Brixia, Parco archeologico di Brescia Romana fino ad arrivare alla cella in cui è custodita la Vittoria Alata.

A noi interessa perché è un viaggio nel tempo nel cuore di uno dei luoghi fondamentali della città, in cui parole e musica si fondono per rivivere “le vicende del nostro passato, ripercorrendo i ricordi, gli ideali e le storie degli uomini e delle donne che ci hanno preceduto e che, come noi la contempliamo oggi, hanno ammirato la Calma Musa nel corso dei secoli”.

Categoria: Teatro
Dove: partenza dal Museo di Santa Giulia, Via Piamarta 4
Cosa: Spettacolo itinerante
Quando: 20, 24, 26 e 27 giugno 2021. Ogni giorno sono disponibili sei recite con orario d’inizio alle 19.00 – 19.45 – 20.30 – 21.15 – 22.00 – 22.45
Come: biglietto intero € 15,00 (+ spese di prevendita). Dal momento che i posti disponibili sono limitati, è possibile (e consigliabile) l’acquisto in prevendita su Vivaticket